Effetti di una terapia cognitivo comportamentale dell’immagine corporea basata sull’esposizione in donne in sovrappeso con disturbo da binge eating: uno studio pilota.

A cura di: Selvaggia Sermattei AIDAP Empoli e Firenze

Sebbene i criteri diagnostici del disturbo da binge-eating (BED) non comprendano elementi relativi all’immagine corporea, c’è una crescente evidenza in letteratura sulla presenza di un disturbo dell’immagine corporea in un sottogruppo di pazienti con BED, nelle sue diverse componenti. In particolare, questo sembra essere più probabile in associazione a condizioni di sovrappeso e obesità, di fatto non chiarendo se il problema relativo all’immagine corporea dipenda dalla psicopatologia del disturbo dell’alimentazione o dall’eccesso di peso. Inoltre, a differenza di altre categorie diagnostiche come Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa, la letteratura relativa al BED ha quasi totalmente trascurato la possibilità di miglioramento di un disturbo dell’immagine corporea a seguito di interventi terapeutici.

Sulla base di queste considerazioni, Lewer e collaboratori (2017) hanno condotto uno studio pilota randomizzato e controllato (con un gruppo in lista d’attesa come condizione di controllo) al fine di valutare gli effetti di un breve intervento cognitivo comportamentale di gruppo manualizzato e basato sull’esposizione, che si focalizza sul superamento del disturbo dell’immagine corporea nelle sue varie componenti, in un campione di donne in sovrappeso con BED.

Sono state reclutate presso il Centro di Salute Mentale dell’Università di Bochum, attraverso un breve screening telefonico e una seduta di valutazione diagnostica, donne con diagnosi di BED secondo la quarta versione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, con un Indice di Massa Corporea ≥ 25 kg/m² e con un età compresa fra 18 e 60 anni. Hanno costituito criteri di esclusione, la comorbilità con disturbi di personalità o ideazione suicidaria e la presenza di altre terapie in atto (psicofarmacologiche o psicologiche).

Il campione finale costituito da 36 donne (15 allocate al gruppo di intervento e 21 al gruppo di controllo) ha compilato prima e dopo l’intervento (o la lista d’attesa), i seguenti questionari self-report al fine di quantificare i cambiamenti nelle varie componenti del disturbo dell’immagine corporea e in costrutti ad esso associati: Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2, sottoscale Impulso alla Magrezza, Bulimia e Insoddisfazione Corporea) e Eating Disorder Examination Questionnaire (EDE-Q, per la componente cognitivo-affettiva del disturbo dell’immagine corporea e la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione), il Body Checking Questionnaire (BCQ, per la componente comportamentale del disturbo dell’immagine corporea), la Rosenberg Self-Esteem Scale (RSE, per l’autostima) e la Beck Depression Inventory (BDI, per la depressione). Inoltre, al fine di valutare la componente percettiva del disturbo dell’immagine corporea è stata impiegata una tecnica di distorsione digitale di foto, in cui le partecipanti erano invitate a modificare una loro foto al pc, indicando la dimensione del loro corpo attuale (“Come sei veramente?”), percepita (“Come ti senti?”) e ideale (“Come vorresti essere?”).

L’intervento cognitivo comportamentale (Vocks et al. 2005) consisteva in 10 sessioni settimanali di gruppo di circa 90 minuti ciascuna, che includevano: costruzione di un modello individuale di sviluppo e mantenimento del disturbo dell’immagine corporea, discussione e ristrutturazione di pensieri disfunzionali legati al proprio corpo, esposizione del corpo (con l’ausilio dello specchio e di video-feedback) e compiti a casa finalizzati alla generalizzazione dei risultati ottenuti e alla prevenzione della ricaduta.

I risultati (disponibili per 34 donne in quanto si sono verificati 2 drop-out nel gruppo di controllo) del confronto fra i due gruppi nei loro cambiamenti nell’immagine corporea, prima e dopo l’intervento, indicano risultati significativi a favore del gruppo di intervento, per le sottoscale dell’EDI-2 Impulso alla Magrezza e Insoddisfazione Corporea, nelle sottoscale dell’EDE-Q Preoccupazioni per l’Alimentazione e Preoccupazione per la Forma del Corpo, e nelle scale per l’autostima e per la depressione. La tecnica di distorsione di foto mostra soltanto un largo effect-size nella differenza prima-dopo nel gruppo d’intervento, suggerendo un’immagine ideale del proprio corpo meno magra dopo l’intervento.

Questi dati indicano che un intervento cognitivo comportamentale di gruppo focalizzato sul disturbo dell’immagine corporea in donne in sovrappeso con BED, può produrre miglioramenti soprattutto nella componente cognitivo-affettiva del disturbo dell’immagine corporea che sembra non dipendere dal peso, dato che questo non varia nel corso dell’intervento.

Considerato che la terapia proposta era principalmente basata su tecniche di esposizione del corpo, si assume che sia proprio questo l’elemento responsabile degli effetti dell’intervento in questo campione. Ciononostante, lo studio mostrando dati inconsistenti rispetto alla componente percettiva e al body checking, non chiarisce se il meccanismo d’azione dell’esposizione del corpo sia un processo di correzione della distorsione della percezione del proprio corpo o un processo di abituazione verso emozioni negative suscitate dalla visione del proprio corpo, così come suggerito in letteratura per altri disturbi dell’alimentazione. Inoltre, il fatto che la sottoscala dell’EDE-Q Restrizione dell’Alimentazione non si modifichi nel corso dell’intervento, pone il problema di considerare se ciò non risulti potenzialmente dannoso per pazienti in sovrappeso con BED. Infatti, se da un lato la restrizione dietetica può aumentare la probabilità di avere abbuffate in pazienti che mostrano una psicopatologia dell’alimentazione, dall’altro una perdita di peso potrebbe essere auspicabile per pazienti che mostrano un eccesso di peso. Così la riduzione delle preoccupazioni per le forme del corpo e dell’insoddisfazione corporea potrebbero rendere i pazienti in sovrappeso meno motivati ad ingaggiarsi in comportamenti salutari di gestione del peso.

Lo studio presenta delle limitazioni, indicate dagli stessi autori, in grado di minare i risultati ottenuti: (i) scarsa generalizzazione (bassa numerosità del campione, partecipazione di sole donne, esclusione di pazienti con disturbi di personalità in comorbilità); (ii) scarsa affidabilità (mancanza di follow-up,  mancanza di controllo sull’aderenza ai compiti assegnati a casa o sull’eventuale inizio di una terapia nel corso dello studio nel gruppo in lista d’attesa).

A questi limiti sembra doveroso aggiungerne altri che appaiono rilevanti nel considerare i risultati. Innanzitutto, la mancanza nello screening iniziale di una valutazione del disturbo dell’immagine corporea che sembra essere dato per scontato nel campione selezionato, ma che la letteratura evidenzia essere presente solo in un sottogruppo di pazienti con BED e sovrappeso. Inoltre, sembrano mancare nello studio, dati relativi alla frequenza delle abbuffate che avrebbero potuto fornire ulteriori informazioni utili all’interpretazione dei risultati, ovvero alla generalizzazione degli effetti del miglioramento dell’immagine corporea sui comportamenti del disturbo dell’alimentazione. Infine, riteniamo che sarebbe stato utile inserire nella ricerca un altro braccio di trattamento relativo alla perdita di peso che avrebbe potuto far luce sulla questione attinente all’influenza del calo di peso sulla riduzione delle preoccupazioni per il corpo.

Concludendo, nonostante queste criticità che auspichiamo possano essere chiarite da ricerche future, il presente studio pilota mostra preliminari risultati incoraggianti sull’utilità e l’efficacia di un intervento cognitivo comportamentale breve (10 sessioni) ed economico (in quanto con un format di gruppo) per il disturbo dell’immagine corporea per donne in sovrappeso con BED.

 

Fonte: Lewer, M., Kosfelder, J., Michalak, J., Schroeder, D., Nasrawi, N., & Vocks, S. (2017). Effects of a cognitive-behavioral exposure-based body image therapy for overweight females with binge eating disorder: A pilot study. Journal of Eating Disorders, 5(1), 43.