Processi cognitivi che influenzano l’aderenza alla restrizione dietetica e implicazioni per trattamento dell’obesità

Massimiliano Sartirana e Riccardo Dalle Grave

Anita Jansen e collaboratori dell’Università di Maastricht hanno descritto in una revisione pubblicata su Frontiers in Psychology alcuni processi cognitivi, studiati dalla ricerca scientifica, che sembrano minare l’aderenza alla restrizione dietetica delle persone affette da obesità, e delle strategie specifiche cognitivo comportamentali per affrontarli supportate da risultati preliminari di efficacia.

I processi cognitivi descritti dagli autori sono i seguenti quattro:

  1. apprendimento del craving per il cibo;
  2. funzioni esecutive;
  3. rinforzi immediati;
  4. bias dell’attenzione.

 

Apprendimento del craving per il cibo

Il processo fa riferimento a un’aumentata reattività a stimoli associati al cibo, come emozioni, pensieri e variabili contestuali (per es. profumo, momento della giornata, vista del cibo, ecc.), prodotta in parte dalla componente genetica e in parte dall’apprendimento attraverso il condizionamento classico.

La procedura proposta per affrontare questo processo è l’esposizione più prevenzione della risposta agli stimoli che anticipano l’alimentazione in eccesso di cibi non salutari. Il principio teorico sottostante è che l’esposizione prolungata allo stimolo alimentare dovrebbe determinare una diminuita reattività agli stimoli e un aumento delle abilità di inibizione (capacità di resistere all’alimentazione in eccesso) perché viene interrotta l’associazione tra stimolo e alimentazione in eccesso e di conseguenza si riduce il desiderio di mangiare.

Da un punto di vista pratico l’esposizione più prevenzione della risposta consiste nell’esporre i soggetti per circa un’ora a stimoli come la vista di cibo non salutare, l’odore e il sapore di cibi preferiti e in specifici contesti associati come luoghi, situazioni, emozioni, pensieri che stimolano l’alimentazione in eccesso. Durante l’esposizione il cibo viene toccato, afferrato, annusato intensamente e in modo prolungato.

L’efficacia di questa procedura è stata confermata da studi sperimentali e da alcuni piccoli studi pilota in cui è stato dimostrato che l’esposizione a stimoli alimentari può essere abbastanza efficace nel ridurre il desiderio di cibo, l’alimentazione in eccesso e gli episodi bulimici. Uno studio recente di neuroimaging ha anche evidenziato che l’esposizione prolungata a stimoli alimentari (l’odore del cibo) senza mangiare determina una riduzione dell’attivazione delle aree cerebrali legate alla ricompensa.

 

Funzioni esecutive

Le funzioni esecutive si riferiscono a una serie di abilità e processi legati alla gestione di sé stessi e all’uso di risorse cognitive personali al fine di raggiungere un obiettivo o di eseguire azioni orientate a un obiettivo. Le tre abilità esecutive principali sono l’inibizione (cioè l’abilità di fermare il proprio comportamento nel momento appropriato, l’abilità di resistere agli impulsi e alle tentazioni, disattivando cosi azioni orientate all’obiettivo), lo spostamento (cioè l’abilità di pensare in modo flessibile al fine di rispondere in modo appropriato a una situazione) e la memoria di lavoro (cioè la capacità di mantenere in memoria l’informazione per completare un compito).

Alcuni studi sperimentali hanno verificato l’efficacia di un training delle funzioni esecutive nelle persone con obesità nel determinare un miglioramento nelle abilità di inibizione e una conseguente diminuzione dell’alimentazione in eccesso. Per quello che riguarda la memoria di lavoro non risultano studi che abbiano dimostrato l’efficacia di un training specifico su questa funzione, mentre studi condotti su bambini con obesità hanno dimostrato l’efficacia combinata di un training per migliorare le abilità di inibizione e di un training sulla memoria di lavoro nel determinare un recupero di peso significativamente più lento a 8 settimane di follow-up, sebbene questo effetto scompaia a 12 settimane di follow-up.

 

Rinforzi immediati

Questo processo fa riferimento al fatto che il consumo di alimenti ricchi di calorie, di grassi, di sale e di zucchero è associato a effetti positivi immediati gratificanti. Il processo di gratificazione immediata con questi alimenti si verifica anche a dispetto della possibilità di ottenere una ricompensa superiore che però è più tardiva, come gli effetti positivi della perdita di peso.

Per migliorare l’abilità di ritardare la gratificazione, gli autori propongono di usare la strategia del pensare agli episodi futuri, che consiste nel proiettarsi nel futuro per immaginare l’esperienza di eventi futuri con l’obiettivo di spostare la scelta da una gratificazione immediata agli effetti positivi ritardati di una perdita di peso.  Uno studio ha dimostrato che i soggetti allenati ad applicare questa strategia hanno ridotto la minimizzazione dell’importanza di ritardare le gratificazioni immediate per raggiungere maggiori effetti positivi a lungo termine e diminuito l’assunzione calorica, rispetto a un gruppo di controllo in cui non è stata insegnata questa strategia.

 

Bias attentivo

Il bias fa riferimento ad un processo di aumentata attenzione e di orientamento dell’attenzione (per questo definita selettiva) verso alcuni stimoli alimentari a discapito di altri stimoli. Ci sono evidenze che il bias dell’attenzione selettiva verso alcuni alimenti predica l’accentuazione delle aspettative positive per l’assunzione di cibo (craving) e persino la quantità di peso recuperato nei soggetti affetti da obesità.

I risultati degli studi sull’efficacia di training attentivi per spostare l’attenzione da cibi ad alta densità energetica a favore di alimenti meno calorici o di stimoli neutri sono promettenti perché si sono dimostrati in grado di ridurre il desiderio di cibo e l’assunzione di calorie.

 

Conclusioni

Gli autori olandesi nella loro revisione hanno descritto quattro processi cognitivi implicati nel mantenere abitudini non salutari nei confronti dell’alimentazione e hanno suggerito delle strategie per affrontarli. Sebbene le ricerche a sostegno dell’efficacia delle strategie proposte dagli autori siano per il momento solo promettenti perché necessitano di dati derivati da studi controllati e randomizzati, il merito dell’articolo è di aver affrontato l’argomento complesso del trattamento dell’obesità, ponendo attenzione ai processi cognitivi coinvolti nelle difficoltà di aderire alle modificazioni alimentari necessarie per perdere peso. L’articolo traccia anche la strada per la ricerca futura che potrebbe studiare meglio la relazione tra i processi cognitivi e come si influenzano tra loro (per es. la debolezza nelle abilità esecutive e la sensibilità alla ricompensa potrebbero aumentare la reattività agli stimoli alimentari) per poi verificare se un training su un processo specifico potrebbe non avere un effetto anche sugli altri (per es. un training di estinzione potrebbe ridurre il bias attentivo e la disinibizione). I risultati di questi studi potrebbero avere interessanti implicazioni cliniche e migliorare l’esito del trattamento dell’obesità, tuttora basato in modo riduzionistico su un approccio che prescrive modificazioni comportamentali senza prestare attenzione ai processi cognitivi che le influenzano.

 

Fonte: Jansen A, Houben K and Roefs A (2015). A Cognitive Profile of Obesity and Its Translation into New Interventions. Front. Psychol. 6:1807. doi: 10.3389/fpsyg.2015.0180 PubMed

 

Per avere informazioni su altri processi cognitivi che influenzano il trattamento dell’obesità:  Dalle Grave R, Calugi S, Marchesini G. The influence of cognitive factors in the treatment of obesity: Lessons from the QUOVADIS study. Behav Res Ther. 2014;63(0):157-61. doi:http://dx.doi.org/10.1016/j.brat.2014.10.004. PubMed