La terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) è più efficace della terapia interpersonale nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione

A cura di Massimiliano Sartirana e Riccardo Dalle Grave

Uno studio eseguito presso il Center of Research on Eating Disorders dell’Università di Oxford (CREDO) e recentemente pubblicato su Behaviour Research and Therapy,  si è posto due obiettivi principali: (i) confrontare la CBT-E con l’IPT; (ii) valutare se l’efficacia della CBT-E, verificata nell’originale e ampio trial randomizzato e controllato pubblicato nel 2009 ed eseguito in pazienti con bulimia nervosa e disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati non sottopeso, può essere replicata quando è reclutato un equivalente campione di pazienti e la CBT-E è stata somministrata allo stesso modo..

65 partecipanti sono stati assegnati a randon alle due condizione di trattamento. Di questi 130, 53 (40,8%) avevano una diagnosi di bulimia nervosa, 8 di disturbo da binge-eating (6,2%) e 69 (53,1%) di disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato.

29 partecipanti (22,3%) non hanno completato le 20 sedute di trattamento (bulimia nervosa 32,1%, disturbo da binge-eating  0% e disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato 17,4%).

Alla fine del trattamento, i livelli di psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione e generale sono diminuiti significativamente in entrambi i bracci, ma i cambiamenti sono stati significativamente maggiori nei partecipanti allocati alla CBT-E. La percentuale di partecipanti trattati con la CBT-E che ha raggiunto la remissione, ovvero un punteggio all’EDE globale inferiore a 1,74 (corrispondente al punteggio medio della comunità più una deviazione standard), alla valutazione intent to treat è stata quasi due volte superiore a quella dei partecipanti trattati con l’IPT.  Quasi la metà dei partecipanti trattati con la CBT-E (44,8%, 26/58) non riportava episodi bulimici, vomito autoindotto o uso improprio di lassativi alla fine del trattamento, rispetto a solo il 21,7% (13/60) dei partecipanti trattati con l’IPT.

I cambiamenti osservati sono stati maggiori tra i partecipanti che hanno concluso il trattamento e il tasso di remissione è stato raggiunto in circa 3/4 di partecipanti trattati con la CBT-E rispetto a solo poco più di un terzo in quelli trattati con l’IPT. Al follow-up di 60 settimane il tasso di remissione  è rimasto significativamente superiore nei partecipanti trattati con la CBT-E rispetto a quelli trattati con l’IPT (CBT- E 69.4%, IPT 49.0%; p=0.028).

Per quanto riguarda il secondo obiettivo dello studio, il tasso di remissione ottenuto dai partecipanti trattati con la CBT-E è stato simile a quello dello studio del 2009 (6) (67% e 66% alla fine del trattamento e 69% e 63%, rispettivamente) (Figura)Trial CBT-E vs IPT OxfordFigura. La percentuale di risposta alla CBT-E è maggiore rispetto alla IPT e il tasso di remissione dello studio del 2015 (study 1) è simile a quello del 2009 (study 2)

 

I  risultati dello studio, oltre a dimostrare la maggiore efficacia della CBT-E rispetto all’IPT nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione non marcatamente sottopeso, sottolineano il valore della ricerca in campioni transdiagnostici di partecipanti, come sostenuto dal progetto research domain criteria (RDoC) del National Institute of Mental Health, perché  risultati come quelli ottenuti da questo studio difficilmente possono emergere da ricerche che includono partecipanti con una singola categoria diagnostica.

 

Referenze

Fairburn, C.G, Bailey-Straebler, S., Basden, S., Doll, H.A., Jones, R., Murphy, R., O’Connor, M.E., Zafra Cooper, A transdiagnostic comparison of enhanced cognitive behaviour therapy (CBT-E) and interpersonal psychotherapy in the treatment of eating disorders, Behaviour Research and Therapy. 2015 doi: 10.1016/j.brat.2015.04.010.

Insel, T. The NIMH research domain criteria (RDoC) project: precision medicine for psychiatry. American Journal of Psychiatry. 2014; 171:395–397.