Evidenze che supportano la teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione

Riccardo Dalle Grave

L’osservazione che i disturbi dell’alimentazione condividono la maggior parte delle caratteristiche cliniche e tendono a persistere nel tempo modificandosi, ma non a evolvere in altri disturbi mentali, suggerisce che siano mantenuti da meccanismi comuni. Tale osservazione ha portato a sviluppare la teoria transdiagnostica (Cooper & Fairburn, 2011; Fairburn, Cooper, e Shafran, 2003), che considera i disturbi dell’alimentazione come un’unica categoria diagnostica piuttosto che disturbi separati.

 

La teoria transdiagnostica

La teoria sostiene che l’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione è la psicopatologia specifica e centrale dei disturbi dell’alimentazione. Mentre le persone si valutano generalmente in base alla percezione delle loro prestazioni in una varietà di domini della loro vita (per es. relazioni interpersonali, scuola, lavoro, sport, abilità intellettuali e genitoriali, ecc.), quelle affette da disturbi dell’alimentazione si valutano in modo esclusivo o predominante in base al controllo che riescono a esercitare sul peso o sulla forma del corpo o sull’alimentazione (spesso su tutte e tre le caratteristiche).

L’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione è di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione: la maggior parte delle altre caratteristiche cliniche deriva, infatti, direttamente o indirettamente da essa. Per esempio, i comportamenti di controllo del peso estremi (dieta ferrea, esercizio fisico eccessivo e compulsivo, vomito autoindotto, uso improprio di lassativi o di diuretici)  si possono verificare solo se una persona crede che il controllo dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo siano di estrema importanza per giudicare il suo valore.

L’unico comportamento non strettamente legato allo schema di autovalutazione disfunzionale è l’abbuffata. La teoria cognitivo comportamentale propone che gli episodi bulimici siano in gran parte mantenuti dal tentativo di aderire a regole alimentari estreme e rigide. Le persone con disturbi dell’alimentazione hanno la tendenza  a reagire in modo negativo ed estremo (spesso dicotomico) alla quasi inevitabile rottura di queste regole ed anche una piccola trasgressione tende ad essere interpretata come la prova di scarso autocontrollo e debolezza personale. La risposta a questa percepita mancanza di autocontrollo è un temporaneo abbandono dello sforzo di restringere l’alimentazione che sfocia nell’abbuffata. Quest’ultima mantiene la psicopatologia centrale del disturbo dell’alimentazione, intensificando le preoccupazioni di essere incapaci di controllare l’alimentazione, il peso e la forma del corpo, e incoraggia un’ulteriore restrizione dietetica, aumentando così il rischio di ulteriori episodi bulimici. Tre ulteriori processi contribuiscono a mantenere le abbuffate. In primo luogo, le difficoltà della vita e i cambiamenti emotivi associati aumentano la probabilità che le persone con disturbi dell’alimentazione rompano le loro regole dietetiche rigide ed estreme. In secondo luogo, dal momento che l’abbuffata migliora temporaneamente il tono dell’umore e distrae dai problemi, essa può diventare un mezzo disfunzionale per far fronte a queste difficoltà. In terzo luogo, se l’abbuffata è seguita dal vomito compensatorio o dall’uso improprio di lassativi, questi tendono a mantenere le abbuffate perché le persone hanno la convinzione che tali comportamenti siano efficaci di nel prevenire l’assorbimento di calorie e, di conseguenza, allentano il controllo dell’alimentazione perchè viene meno un importante deterrente degli episodi bulimici (cioè la paura d’ingrassare).

Per quelle persone che soddisfano i criteri diagnostici DSM dell’anoressia nervosa, le abbuffate sono prevalentemente soggettive oppure non sono presenti. In questi casi predomina la restrizione calorica e la presenza di un basso peso. Quest’ultimo si associa allo sviluppo dei sintomi da malnutrizione (per es. amenorrea, diminuzione della temperatura corporea e del metabolismo basale, rallentamento dello svuotamento gastrico, ossessione per l’alimentazione, irritabilità, sbalzi del tono dell’umore, isolamento sociale, diminuzione dell’interesse sessuale e della capacità di concentrazione) che contribuiscono a mantenere il disturbo dell’alimentazione attraverso vari meccanismi (per es. l’isolamento sociale aumenta l’uso del peso e della forma del corpo come mezzo di valutazione e l’ossessione per l’alimentazione accentua la restrizione dietetica).

La teoria transdiagnostica propone che in un sottogruppo di pazienti siano presenti uno o più dei seguenti meccanismi di mantenimento esterni non specifici (perché sono presenti anche in altre problematiche psicologiche): (i) perfezionismo clinico; (ii) bassa autostima nucleare; (iii) difficoltà interpersonali e (iv) intolleranza alle emozioni (inclusa successivamente dalla teoria negli eventi ed emozioni che influenzano l’alimentazione). I fattori meccanismi di mantenimento esterni, se presenti, interagiscono con i meccanismi di mantenimento interni nel perpetuare il disturbo dell’alimentazione (vedi Figura).

Le varie manifestazioni cliniche dei disturbi dell’alimentazione a loro volta mantengono in uno stato di continua attivazione lo schema di autovalutazione disfunzione e assieme ad esso formano i cosiddetti meccanismi di mantenimento interni o specifici (perché sono presenti solo in questi disturbi).


Figura. La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione.

I box grigi rappresentano i meccanismi di mantenimento esterni. “Vita” è l’abbreviazione di difficoltà interpersonali. “Intolleranza alle emozioni” è sta inclusa nei meccanismi di mantenimento interni. Adattata da Fairburn, Cooper and Shafran, 2003.

 

Evidenze che supportano la teoria transdiagnostica

La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione è supportata da numerose evidenze derivate da due linee di ricerca: (i) studi descrittivi, comparativi e sperimentali delle caratteristiche cliniche di questi pazienti (Grilo, 2013; Shafran, Lee, Cooper, Palmer, & Fairburn, 2007; Shafran, Lee, Payne, & Fairburn, 2007; Watson, Raykos, Street, Fursland, & Nathan, 2011); (ii) studi cross-sectional che hanno valutato il modello transdiagnostico in campioni di pazienti che hanno richiesto un trattamento e della collettività usando modelli di equazioni strutturali.

Studi sulle caratteristiche cliniche dei pazienti

Nei pazienti con bulimia nervosa è stata dimostrata: (i) la relazione tra eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e cambiamenti della restrizione dietetica cognitiva e delle abbuffate nel corso del tempo (Fairburn, Stice, et al., 2003); (ii) l’associazione tra abbuffate e restrizione calorica auto-riferita (Zunker et al., 2011); (iii) l’associazione tra aumento della preoccupazione per il peso e incremento della frequenza del vomito e della restrizione dietetica (Spangler, Baldwin, & Agras, 2004); (iv) la mediazione della riduzione della restrizione dietetica durante il trattamento e la riduzione delle abbuffate (Wilson, Fairburn, Agras, Walsh, & Kraemer, 2002).

In campione transdiagnostico di pazienti con bulimia nervosa e anoressia nervosa è stata dimostrata l’esistenza di una relazione reciproca tra eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e restrizione dietetica ed esercizio fisico da moderati a estremi (Tabri et al., 2015).

 

Studi cross-sectional che hanno usato i modelli di equazioni strutturali

I risultati di uno studio che ha confrontato la teoria cognitivo comportamentale originale con la versione migliorata (includendo anche dei fattori di mantenimento aggiuntivi) in pazienti con bulimia nervosa e forme atipiche del disturbo, supportano entrambi i modelli teorici, ma la versione migliorata spiega una più grande porzione della varianza (Lampard, Byrne, McLean, & Fursland, 2011).  Lo studio non ha però confermato la relazione tra restrizione dietetica cognitiva e abbuffate.

I risultati di due studi eseguiti su campioni transdiagnostici, uno su pazienti inviati per un trattamento intensivo in un centro di cura di terzo livello (Lampard, Tasca, Balfour, & Bissada, 2013) e uno che ha confrontato i modelli originale e migliorato in pazienti inviati in alcuni centri specialistici italiani (Dakanalis, Carrà, et al., 2014), hanno fornito supporto alla teoria, sebbene il grado di supporto sia diverso per i vari gruppi diagnostici  e per alcune relazioni testate dai modelli strutturali; inoltre la restrizione dietetica è stata trovata associata solo indirettamente con le abbuffate. Infine, altri due studi sulla collettività hanno fornito supporto alla teoria (Dakanalis, Timko, Clerici, Zanetti, & Riva, 2014; Hoiles, Egan, & Kane, 2012).

 

La controversia sulla relazione tra restrizione dietetica e abbuffate

Nonostante l’ampio diretto supporto sia alla teoria cognitivo comportamentale originale sia alla forma migliorata, c’è una controversia in corso sul rapporto tra restrizione dietetica e abbuffate (Lowe, Witt, & Grossman, 2013). Mentre la relazione tra restrizione dietetica e abbuffate è spesso osservata nella pratica clinica, la sua valutazione in un contesto di ricerca è stata complicata dai problemi di misurazione e dalla confusione esistente tra restrizione dietetica calorica e cognitiva. Questa confusione è ulteriormente complicata dal fenomeno chiamato “seguire una dieta per perdere peso” che riduce a breve termine la frequenza delle abbuffate ma è seguito dopo un periodo più o meno lungo dalla ripresa degli episodi bulimici

 

Bibliografia

Cooper, Z., & Fairburn, C. G. (2011). The Evolution of “Enhanced” Cognitive Behavior Therapy for Eating Disorders: Learning From Treatment Nonresponse. Cognitive and Behavioral Practice, 18, 394–402.

Dakanalis, A., Carrà, G., Calogero, R., Zanetti, M. A., Gaudio, S., Caccialanza, R., … Clerici, M. (2014). Testing the cognitive-behavioural maintenance models across DSM-5 bulimic-type eating disorder diagnostic groups: a multi-centre study. European Archives of Psychiatry and Clinical Neuroscience, 663–676.

Dakanalis, A., Timko, C. A., Clerici, M., Zanetti, M. A., & Riva, G. (2014). Comprehensive examination of the trans-diagnostic cognitive behavioral model of eating disorders in males. Eating Behaviors, 15(1), 63–67.

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