Sviluppare un protocollo per affrontare le condizioni di salute mentale in comorbilità nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione

A cura di: Alice Nannini – AIDAP Empoli/Firenze

Tratto da: Wade, T. D., Shafran, R., & Cooper, Z. (2023). Developing a protocol to address co-occurring mental health conditions in the treatment of eating disorders. The International Journal of Eating Disorders, 1-9. https://doi.org/10.1002/eat.24008

La comorbilità, ovvero la concomitanza di due o più disturbi mentali, è da tempo oggetto di interesse nell’ambito dei disturbi dell’alimentazione. Secondo il DSM-5, i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia e il disturbo da uso di sostanze rappresentano le diagnosi che più frequentemente coesistono con anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da binge-eating. Occorre menzionare anche altre caratteristiche tipicamente riscontrate in comorbilità, incluse difficoltà di regolazione emotiva, affettività negativa, perfezionismo, inflessibilità psicologica, difficoltà nel controllo degli impulsi e gesti autolesivi. Poiché la co-presenza di specifiche espressioni (come bassa autostima e difficoltà interpersonali), così come di disturbi chiaramente diagnosticabili, può costituire un ostacolo al trattamento, è possibile riferirsi a tali aspetti con il termine generale di “condizioni di salute mentale in comorbilità”.

Il legame di bidirezionalità tra disturbi dell’alimentazione e le suddette condizioni indica che alla presenza dell’uno incrementa la probabilità dell’occorrenza dell’altro. Un simile dato fornisce però solo limitate informazioni su come trattare le condizioni di salute mentale in comorbiltà. Nonostante l’evidenza scientifica sia poco consistente, la comorbilità predice livelli più elevati di psicopatologia del disturbo dell’alimentazione, riducendo così i benefici della terapia, ed è anche associata alla cosiddetta “deriva terapeutica” (fallimento nella somministrazione del trattamento, es. dimenticare aspetti del protocollo o elaborare un proprio piano terapeutico).

A fronte di simili incertezze e criticità in riferimento al potenziale ruolo della comorbilità, i clinici si sono serviti di molteplici strategie per il trattamento, in base alle assunzioni del terapeuta e/o alle preferenze del paziente e a considerazioni pratiche (ad es. numero di sedute previste). Una delle più frequenti è l’utilizzo di interventi multipli e simultanei con un mix di differenti tecniche, un approccio che non è supportato dai dati e che conduce inevitabilmente alla deriva terapeutica.

Nel presente articolo, gli autori hanno cercato di fornire una cornice utile alla comprensione del ruolo della co-occorrenza di condizioni di salute mentale nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione.

  • Le condizioni di salute mentale in comorbilità si presentano come una conseguenza del disturbo dell’alimentazione. In questi casi, dopo un accurato assessment e un’attenta formulazione, è possibile procedere focalizzandosi sul trattamento del disturbo dell’alimentazione. L’esito atteso è che le condizioni co-presenti possano beneficiare di un miglioramento o si risolvano completamente.
  • Le condizioni di salute mentale in comorbilità si presentano come indipendenti dal disturbo dell’alimentazione. In tali situazioni le condizioni co-presenti dovrebbero essere affrontate prima del disturbo dell’alimentazione, sia con l’utilizzo di terapia farmacologica che psicologica. Quando si rileva un sufficiente grado di cambiamento, si può procedere con il trattamento del disturbo dell’alimentazione.
  • Le condizioni di salute mentale in comorbilità interagiscono reciprocamente con il disturbo dell’alimentazione. Questi rappresentano i casi di maggior complessità. In tali circostanze, si potrebbe ritenere opportuno effettuare una esplorazione iniziale di interventi concomitanti e possibilmente integrati per fronteggiare la comorbilità.

Allo stato attuale non esistono modelli evidence-based dei meccanismi di mantenimento su cui costruire una formulazione personalizzata né trattamenti integrati da adottare quando il clinico si imbatte in situazioni di elevata complessità. Quali potrebbero essere le opzioni da prendere in esame?

Interventi alternati, ad esempio, i clinici possono applicare il trattamento del disturbo dell’alimentazione nel corso della prima settimana (o per metà della seduta) e dedicarsi all’altra condizione nella seconda settimana (o nell’altra metà della seduta). Ciò consente di enfatizzare l’interconnessione tra i disturbi ma al tempo stesso potrebbe diventare confusivo per il paziente o anche per il terapeuta stesso.

Approccio modulare. Con i disturbi dell’alimentazione questo approccio potrebbe includere una fase iniziale di psicoeducazione e cambiamento comportamentale precoce, comune agli approcci evidence-based per tutti i pazienti e in seguito una verifica seduta dopo seduta relativa al progresso ottenuto.

Approccio transdiagnostico che prevede di considerare la psicopatologia del paziente piuttosto che le singole diagnosi.

Gli autori dell’articolo propongono un protocollo per la gestione di condizioni di salute mentale co-occorrenti che ostacolano il trattamento articolato in quattro passi:

  • Passo 1- Assessment e formulazione del disturbo dell’alimentazione e comorbilità.
  • Passo 2- Avvio del trattamento evidence-based per il disturbo dell’alimentazione e uso di misurazioni brevi durante la seduta che consenta una revisione dei progressi.
  • Passo 3- Revisione.
  • Passo 4- Qualora si identifichi la condizione di salute mentale in comorbilità come ostacolo al cambiamento, si seleziona uno dei tre approcci illustrati (alternato, modulare o transdiagnostico) per far fronte ad esso. L’ultimo passo del protocollo si configura come la zona più inesplorata, ossia come sia possibile affrontare con successo condizioni di salute mentale in comorbilità (che potrebbero rivelarsi in qualità di diagnosi separata o di tratto latente) e quale sia la struttura ideale da applicare (se modulare, alternata o transdiagnostica).

Il protocollo che è stato qui discusso e che si articola in quattro passi, iterativo e basato sui dati, può essere adoperato per far fronte ai disturbi dell’alimentazione e alle concomitanti condizioni di salute mentale in comorbilità ma la sua efficacia dovrà essere testata dalla ricerca futura.