L’uso improprio degli antipsicotici atipici negli adolescenti affetti da anoressia nervosa

Riccardo Dalle Grave

Il trattamento dell’anoressia nervosa negli adolescenti è spesso difficile per la natura egosintonica di alcune sue espressioni come la dieta ferrea, l’esercizio fisico eccessivo e il basso peso. Gli adolescenti affetti da anoressia nervosa, infatti, non solo fanno fatica a vedere queste caratteristiche come un problema ma, al contrario, sperimentano un profondo senso di realizzazione quando riescono a seguire le loro regole dietetiche estreme e rigide e a perdere peso.

Secondo il modello di malattia, l’anoressia nervosa è un disturbo mentale, cioè è il prodotto di alterazioni biologiche che portano la persona a sviluppare alcuni caratteristici sintomi come:

  1. Restrizione dell’apporto energetico rispetto al necessario, che conduce ad un peso corporeo significativamente basso
  2. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grasso, o il comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche in presenza di un peso significativamente basso.
  3. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il proprio peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, o persistente rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.

L’approccio biologico del modello di malattia si focalizza sulla genetica, sui neurotrasmettitori, sulla neurofisiologia, sulla neuroanatomia e così via. Secondo questo modello l’anoressia nervosa ha una causa organica o fisica relata alla struttura e al funzionamento del cervello.

Il modello di malattia, che è usato con maggiore frequenza dagli psichiatri, rispetto agli psicologi, tratta l’anoressia nervosa come una malattia fisica e perciò prescrive dei farmaci che modificano la chimica del funzionamento del cervello per trattarla.

Tuttavia, nonostante le numerose ricerche effettuate, non è stato ancora trovato un biomarcatore che spieghi lo sviluppo e il mantenimento dell’anoressia nervosa. Inoltre, sebbene siano stati testati praticamente quasi tutti gli psicofarmaci disponibili, nessuno ha dimostrato di essere efficace nel migliorare la psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione.

Negli ultimi anni, in particolare, è sempre più usata una categoria di psicofarmaci chiamata “antipsicotici atipici”. Questi, conosciuti anche come antipsicotici di seconda generazione, sono una classe di psicofarmaci appartenenti alla categoria degli antipsicotici utilizzati per il trattamento di malattie psichiatriche come la schizofrenia, le psicosi, il disturbo bipolare ma anche, in alcuni particolari casi, per trattare la depressione maggiore.

Gli antipsicotici atipici hanno una minore affinità per i recettori dopaminergici e un’azione su alcuni sottotipi recettoriali serotoninergici (come l’antagonismo al 5HT2A e 5HT2C) rispetto agli antipsicotici di prima generazione e questo gli permette di avere un profilo di effetti collaterali minore, soprattutto quelli di tipo extrapiramidale, rigidità muscolare e tremori involontari. Però, come i farmaci di prima generazione, anche gli antipsicotici atipici hanno effetti collaterali a volte gravi, come la sindrome neurolettica maligna, il prolungamento del QT all’elettrocardiogramma, l’aumento di peso, la sindrome metabolica, la diminuzione del volume cerebrale, compresi i danni permanenti come la discinesia tardiva.

Gli antipsicotici atipici sono sempre più usati anche nel trattamento dell’anoressia nervosa, in particolare negli adolescenti, per i loro potenziali effetti positivi sul recupero del peso, sulla riduzione dell’esercizio fisico eccessivo, dell’ansia relata all’alimentazione e sul  funzionamento globale, sebbene gli studi effettuati non abbiano dato dei risultati promettenti. Negli adolescenti con anoressia nervosa, infatti, uno studio in doppio cieco controllato con placebo che ha valutato l’aggiunta dell’olanzapina a un programma standard di trattamento dei disturbi dell’alimentazione ha rilevato che i in entrambi i bracci di trattamento si verificava un aumento di peso a una velocità simile e miglioramenti simili nelle attitudini e comportamenti alimentari, nel funzionamento psicologico e nel dispendio energetico a riposo. Conclusioni simili sono state raggiunte in uno studio che ha valutato l’uso del risperidone in doppio cieco controllato con placebo.

Questi risultati deludenti e la presenza di effetti collaterali, a volte importanti, con l’uso degli antipsicotici atipici, indicano che il rapporto rischio-beneficio del loro uso negli adolescenti con anoressia nervosa è sfavorevole e che, in assenza di comorbilità psichiatriche come la schizofrenia, le psicosi, il disturbo bipolare e la depressione maggiore, il loro uso per affrontare il disturbo dell’alimentazione è improprio.

 

Referenze

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