CBT e disturbi dell’alimentazione: Passato, Presente e Futuro. Lettura magistrale del prof. Fairburn a Villa Garda per concludere la sua carriera

A cura di: Selvaggia Sermattei – AIDAP Empoli e Firenze

Sabato 14 aprile la Casa di Cura Villa Garda ha ospitato il Prof. Christopher Fairburn dell’Università di Oxford per rendere omaggio alla sua brillante carriera e ai meritevoli risultati nel campo della ricerca e della clinica dei disturbi dell’alimentazione, raggiunti anche grazie alla collaborazione con l’equipe del dott. Dalle Grave, con cui collabora da oltre 16 anni.

Hanno avuto il piacere di assistere all’incontro, l’intero gruppo di lavoro del reparto dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale e alcuni collaboratori esterni fra cui il dott. Frostad Stein dell’Università di Bergen.

Per l’occasione, il Prof. Fairburn ha tenuto una lettura magistrale dal titolo: “CBT e disturbi dell’alimentazione: Passato, Presente e Futuro.”

Così volgendo lo sguardo al passato, la storia non ha potuto che iniziare dalla biografia del Professore, ovvero dagli inizi dei suoi studi e del suo interesse per i disturbi dell’alimentazione.

Nei primi anni ‘70 Fairburn ha implementato la sua formazione in medicina conseguendo una laurea in psicologia e fisiologia all’Università di Oxford, centro all’avanguardia per lo sviluppo e la valutazione dei trattamenti psicologici, sotto la guida del Prof. Michael Gelder. Successivamente ha ricevuto una formazione in psichiatria e psicopatologia all’Università di Edinburgo con la supervisione del Prof. Robert Kendell, sviluppando una visione critica verso le categorie diagnostiche psichiatriche.

È nel 1977 che ha incontrato per la prima volta nella sua pratica clinica una ragazza con disturbo dell’alimentazione ed è stato catturato dalla peculiarità delle caratteristiche cliniche della paziente che, pur mostrando molti sintomi tipici dell’anoressia nervosa (unica categoria diagnostica allora conosciuta e descritta in letteratura), non presentava il sottopeso. Incuriosito e affascinato dall’apparente contraddizione delle perdite di controllo sull’alimentazione, il giovane dott. Fairburn ha iniziato ad approfondire il funzionamento della psicopatologia in casi simili. Arriva così a costruire la prima formulazione del disturbo che stava osservando focalizzata sul ruolo che i vari fattori del problema avevano nel mantenimento della psicopatologia stessa. Parallelamente ha messo le basi del trattamento. È solo nel 1979 però che finalmente può dare un nome al suo oggetto di studio, grazie alla pubblicazione dell’articolo del dott. Russell “Bulimia nervosa: una variante perniciosa dell’anoressia nervosa”, sebbene l’articolo definisca questo problema intrattabile. Così Fairburn si affaccia al mondo scientifico proponendo la sua esperienza clinica e la teoria da lui formulata fino alla pubblicazione del suo primo articolo nel 1981 su Psychological Medicine “Un approccio cognitivo comportamentale al trattamento della bulimia”. A questo ne seguono molti altri e fra gli anni ‘80 e ‘90 sono stati condotti circa 30 trials in tutto il mondo per testare l’efficacia della terapia. I risultati principali raggiunti suggerivano che la terapia cognitivo comportamentale della bulimia nervosa (CBT-BN) era più efficace di tutti gli altri trattamenti con cui era stata confrontata (anche della terapia farmacologica) e circa il 40-50% dei pazienti otteneva una remissione completa e un mantenimento nel tempo dei risultati.

Grazie a questi contributi, nel 2004 le linee guida NICE raccomandano, per la prima volta nella storia, un trattamento psicologico e la CBT-BN diventa il trattamento di prima scelta per trattare una patologia psichiatrica. È ciò che si potrebbe definire il coronamento di oltre 20 anni di ricerca.

Ma il Prof. Fairburn continua a dedicare sforzi al miglioramento della terapia ed osserva che un sottogruppo di pazienti risponde più velocemente ad essa e così a metà degli anni ‘90 adatta la sua terapia in un programma di auto-aiuto guidato, particolarmente adatto ai pazienti che oggi definiamo con disturbo da binge-eating (con una remissione nel 70% dei casi). Da allora, seguendo questo suo esempio altri programmi di auto-aiuto sono stati sviluppati per altri numerosi disturbi psicologici.

Successivamente, non pienamente soddisfatto dei risultati ottenuti con la CBT-BN (“solo” il 50% dei pazienti andava in remissione) e grazie all’osservazione che i diversi disturbi dell’alimentazione condividono le medesime caratteristiche cliniche e frequentemente migrano da una categoria diagnostica all’altra, nel 1999 sviluppa la teoria transdiagnostica di mantenimento di tutti i disturbi dell’alimentazione (che verrà pubblicata nel 2003 con il contributo dei colleghi Cooper e Shafran) a cui seguirà la terapia, denominata terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) dei disturbi dell’alimentazione. In più, analizzando il gruppo di pazienti che non riusciva ad ottenere benefici dalla terapia, osserva che talvolta la presenza di una psicopatologia esterna coesistente, contribuisce al mantenimento della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione: nasce così la forma allargata della CBT-E.

Nel 2002 per la prima volta il Prof. Fairburn viene invitato a Verona dal dott. Dalle Grave che da subito nota come la teoria e la terapia descritta da Fairburn avrebbe potuto notevolmente migliorare il lavoro effettuato a Villa Garda, una struttura già allora nota per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione, ma con un approccio eclettico e non guidato da una teoria. Dalla sua scelta coraggiosa di modificare completamente il lavoro dell’intera équipe e di aderire fedelmente al protocollo di trattamento, il dott. Dalle Grave ha guidato il suo gruppo verso lo sviluppo dell’adattamento della terapia ad un setting di cura ospedaliero e successivamente per pazienti adolescenti.

Dopo il primo trials di valutazione d’efficacia della CBT-E (2003-2008) nel 2008 viene pubblicato il manuale di trattamento. Ma la ricerca continua e di fondamentale importanza sono stati i 2 trials multicentrici svolti presso Oxford e Leichester (2009 e 2015) i quali, ottenendo risultati simili negli esiti del trattamento, hanno mostrato con una forte evidenza, come con la CBT-E si ottenga una remissione nel 60-70% dei pazienti e un mantenimento dei risultati a 60 settimane di follow-up.

Il Prof. Fairburn ha poi citato con soddisfazione lo studio svolto a Copenhagen (2014) che ha confrontato la terapia psicoanalitica con la CBT-E mostrando la netta superiorità di quest’ultima in termini di efficacia e velocità nell’ottenere una remissione dalla psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione. Questi risultati secondo il Prof. Fairburn, chiariscono l’inesattezza del famoso verdetto di Dodo “Tutti vincono e tutti devono essere premiati” perché non tutte le psicoterapie sono, evidentemente, efficaci allo stesso modo.

Arriviamo così al presente, dove grazie al lavoro e alla collaborazione del gruppo di lavoro del Dott. Dalle Grave e al team di ricerca dell’Università di Oxford del Prof. Fairburn, gli aggiornamenti delle linee guida NICE del 2017, indicano che la CBT-E è l’unica terapia raccomandata per tutti i disturbi dell’alimentazione e nelle diverse fasce d’età (adulti e adolescenti). Inoltre, ad oggi, la CBT-E ha dimostrato avere la stessa efficacia o efficacia maggiore di tutti i trattamenti con cui è stata confrontata.

È stato significativo per i presenti, constatare che nonostante questi enormi successi, il Prof. Fairburn ha dedicato l’ultima parte della lettura ad indicare la strada futura. Di primaria importanza sarà confrontare la CBT-E con l’attuale gold standard per gli adolescenti, la terapia basata sulla famiglia. Secondo Fairburn non sarà tanto utile stabilire quale delle due terapie sia più efficace ma piuttosto mettere in luce i moderatori del cambiamento per stabilire per chi può essere più efficace l’una o l’altra terapia. Fairburn ha affidato interamente al dott. Dalle Grave il compito di supervisionare il gruppo australiano che con molta probabilità condurrà il trial nel prossimo anno.

Inoltre, i suoi ultimi anni di lavoro sono stati focalizzati sul rendere la CBT-E un trattamento maggiormente disseminato e questo sia per la fruibilità ai pazienti, grazie alla CBT-E in versione digitale (CBTe), sia per la formazione dei terapeuti attraverso un web-training.  La CBTe permettendo ai pazienti di seguire la terapia on-line ovunque si trovino, secondo le loro esigenze, potrebbe scardinare la struttura tradizionale della terapia in durata e frequenza, ma c’è bisogno di ricerca per testare l’evidenza di efficacia di queste innovazioni.

Infine, il Prof Fairburn si è interrogato su come potremmo ulteriormente migliorare la terapia, ed è così tornato al punto di partenza: mettere al centro i pazienti, soprattutto coloro che non riescono a trarre beneficio dalla terapia. La sua idea è che per aiutarli dovrà essere potenziata la CBT-E o forse dovranno essere sviluppate terapie alternative.

La mattinata si è conclusa con un ufficiale passaggio di testimone al Dott. Dalle Grave e al suo gruppo, che a loro volta hanno ringraziato il prof. Fairburn per il suo lavoro dal valore inestimabile.