Quando il disturbo dell’alimentazione coesiste con la malattia celiaca

Riccardo Dalle Grave e Simona Calugi

Il primo resoconto che ha descritto l’associazione tra anoressia nervosa e malattia celiaca (o celiachia) è stato pubblicato nel 1966 (Ferrara & Fontana, 1966). Successivamente altri case report su questa associazione sono stati riportati nei primi anni 2000 (Ricca et al., 2000; Yucel, Ozbey, Demir, Polat, & Yager, 2006), ma solo nel 2017 è stato pubblicato uno studio longitudinale su un’ampia popolazione di donne, che ha trovato un’associazione positiva tra malattia celiaca e anoressia nervosa sia prima che dopo la diagnosi di malattia celiaca (Marild et al., 2017).

La coesistenza del disturbo dell’alimentazione con la malattia celiaca, in particolare nelle forme caratterizzate dalla presenza di sottopeso ed episodi di abbuffata ricorrenti, aggrava il quadro clinico del malassorbimento e aumenta la probabilità di sviluppare le complicanze anche gravi della malattia celiaca, mentre la presenza della malattia celiaca, con l’adozione di una dieta che prevede la totale e permanente esclusione dalla dieta degli alimenti contenenti glutine, può contribuire a scatenare e a mantenere la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.

Scopo di questo articolo è di fornire una sintesi delle principali conoscenze sulla coesistenza dei disturbi dell’alimentazione con la malattia celiaca.

Alcune informazioni sulla malattia celiaca

La malattia celiaca è un disturbo ereditario causato dalla sensibilità alla frazione gliadinica del glutine, una proteina presente nel grano, ma proteine simili sono presenti nella segale e nell’orzo. In un individuo geneticamente suscettibile , le cellule T sensibili al glutine vengono attivate quando sono presentati epitopi[1]di peptidi glutine-derivati (Ruiz, 2018). La risposta infiammatoria determina la caratteristica atrofia dei villi della mucosa nel tenue e un conseguentemalassorbimento di nutrienti.

La malattia celiaca, come tutte le malattie autoimmuni, ha una genesi multifattoriale che include l’interazione di fattori genetici e ambientali. Mentre l’esposizione al glutine è sicuramente il fattore ambientale scatenante, i determinanti genetici non sono ancora del tutto noti.  Il ruolo dei fattori genetici è comunque supportato dalla familiarità della malattia (i parenti di primo grado hanno una prevalenza di circa 10 volte superiore rispetto alla popolazione generale e la concordanza tra i gemelli omozigoti è di circa l’80%)(Wolters & Wijmenga, 2008). I più importanti fattori genetici identificati sono l’HLA-DQ2 e l’HLA-DQ8, la cui presenza è necessaria, ma non sufficiente per predisporre alla malattia celiaca (Wolters & Wijmenga, 2008), perché solo il 30% della popolazione mondiale DQ2/8 positiva sviluppa la malattia.

La malattia celiaca colpisce circa l’1% della popolazione generale su scala nazionale e mondiale (Walker et al., 2010). La malattia è più frequente nel genere femminile (1,5 – 2 volte rispetto ai maschi) e nelle popolazioni di origine indoeuropea. I pazienti che hanno altre malattie, come per esempio colite linfocitica, sindrome di Down, diabete mellito di tipo 1, e tiroidite autoimmune (Hashimoto), sono più a rischio di sviluppare la malattia celiaca.

Le persone affette da malattia celiaca solitamente riportano diversi sintomi gastrointestinali (diarrea, steatorrea, perdita di peso, gonfiore, flatulenza, dolore addominale) e complicanze (anomalie dei test di funzione epatica, anemia da deficienza di ferro, malattie delle ossa da carenza di vitamina D e calcio, dermatite erpetiforme, perdita di peso) (Rubio-Tapia et al., 2013). Nei bambini si può osservare ritardo di crescita, apatia e ipotoniageneralizzata, distensione addominale e atrofia muscolare. Alcuni individui adulti possono comunque non riferire la presenza di sintomi (Rubio-Tapia et al., 2013).

La diagnosi della malattia celiaca va eseguita facendo un primo screening con il dosaggio di alcuni marker sierologici [es. immunoglobuline A (IgA) totali e IgA anti-transglutaminasi tissutali (tTG)]e confermata negli adulti con la biopsia del tenue nella seconda porzione duodenale. Prima di eseguire i test per la malattia celiachia, va consigliato alle persone che seguono una dieta normale di consumare alimenti che contengono glutine in più di un pasto/die, per almeno 6 settimane. In alcuni casi può essere eseguito il test genetico per valutare la presenza dell’HLA-DQ2/HLA-DQ8 in quanto il risultato negativo rende improbabile la diagnosi di malattia celiaca.Tuttavia, occorre fare attenzione nel caso in cui il risultato del test genetico sia positivo. Questo non è sufficiente a fare diagnosi di malattia celiaca e la presenza di falsi positivi è circa del 2% (per approfondire vedi National Institute for Health and Care and Clinical Excellence, September 2015).

L’unica terapia attualmente disponibile per le persone con malattia celiaca è la totale e permanente esclusione dalla dieta degli alimenti contenenti glutine, che consiste nell’evitare cibi contenenti frumento, segale e orzo. Il glutine è ampiamente utilizzato (per es. nelle minestre commerciali, nei sughi, nei gelati e negli hot dog) e per tale motivo il paziente deve avere un elenco dettagliato dei cibi da evitare. Questa terapia non solo permette la scomparsa dei sintomi associati alla malattia celiaca in tempi rapidi (solitamente la guarigione clinica avviene in circa 1-2 mesi dal momento dell’esclusione del glutine), ma previene lo sviluppo delle complicanze gravi (per es. il linfoma e il carcinoma intestinali e l’osteoporosi), che la continua e prolungata esposizione al glutine provoca nei soggetti celiaci. L’ingestione anche di piccole quantità di cibo contenente glutine ostacola la remissione o induce una recidiva.

Associazione bidirezionale tra anoressia nervosa e malattia celiaca

Uno studio di coorte caso-controllo, eseguito utilizzando il Registro Nazionale dei Pazienti svedesi, che ha valutato 17.959 donne con malattia celiaca confermata con la biopsia duodenale e  89.379 controlli pareggiati per età e sesso, ha trovato la presenza di un’associazione positiva tra malattia celiaca e anoressia nervosa sia prima che dopo la diagnosi di malattia celiaca (Marild et al., 2017). In particolare, lo studio ha trovato che nelle donne con malattia celiaca diagnosticata prima di 19 anni di età, le probabilità di una precedente diagnosi di anoressia nervosa era aumentata di 4,5 volte, dopo aver pareggiato i dati per livello di istruzione, stato socioeconomico e presenza di diabete di tipo 1. Inoltre, quelle con più di 20 anni avevano un rischio quasi doppio di sviluppare l’anoressia nervosa dopo una diagnosi iniziale di malattia celiaca(Marild et al., 2017).

Potenziali meccanismi che spiegano l’associazione bidirezionale

Ci sono almeno due fattori che potrebbero spiegare la presenza di un’associazione bidirezionale tra anoressia nervosa e malattia celiaca:

  1. Suscettibilità genetica comune. Un recente studio di associazione genome-wide ha identificato un locus genome-wide significativo per l’anoressia nervosa sul cromosoma 12 in un’area precedentemente identificata come locus associato con il diabete di tipo 1 e le malattie autoimmuni. Questo potrebbe stimolare lo studio della relazione genetica tra anoressia nervosa e malattie gastrointestinali autoimmunitarie.
  2. Bias di sorveglianza. Le persone con anoressia nervosa e malattia celiaca sono in genere studiate con maggiore attenzione rispetto alla popolazione generale e questo può far emergere con più frequenza la diagnosi dell’altra condizione (Marild et al., 2017).

Sebbene non sia stato ancora dimostrato che la presenza della malattia celiaca sia un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi dell’alimentazione, si può comunque ipotizzare che, in accordo con la teoria cognitivo comportamentale (Fairburn & Harrison, 2003), nelle persone che hanno una necessità di controllo in generale, la presenza dei sintomi gastrointestinali e la necessità di seguire una dieta priva di glutine può portale a sviluppare un’eccessiva valutazione del controllo dell’alimentazione e ad adottare una dieta ferrea (vedi Figura 1), che costituisce la principale via d’ingresso nei disturbi dell’alimentazione.

MALATTIA CELICA E DA-Figura 1

Figura 1. La via d’ingresso nei disturbi dell’alimentazione nelle persone con malattia celiaca secondo la teoria cognitivo comportamentale

 

Attenzione alla diagnosi iniziale

Non è infrequente che i pazienti, in particolare quelli che restringono l’alimentazione per alleviare alcuni sintomi addominali aspecifici (per es. diarrea, gonfiore o dolore addominale), ricevano una diagnosi iniziale sbagliata di anoressia nervosa o di altri disturbi dell’alimentazione e che invece abbiano una diagnosi di malattia celiaca. L’errore diagnostico deriva dal fatto che molti segni e sintomi della malattia celiaca sono presenti anche in un ampio sottogruppo di pazienti con anoressia nervosa (vedi Tabella 1).

Tabella 1. Principali segni e sintomi della malattia celiaca presenti anche nell’anoressia nervosa

Perdita di peso

Bassa statura e/o magrezza

Osteopenia, osteoporosi

Borborigmi

Meteorismo

Distensione addominale

Crampi addominali

Vomito

Rigurgiti

Dolore epigastrico

Bruciore di stomaco

Astenia

Anemia sideropenica

Anemia de deficit di vitamina B12 e acido folico

In questi casi, la persistenza di astenia e di sintomi addominali (in particolare la diarrea e la steatorrea) e l’assenza della psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione (cioè l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e/o del controllo dell’alimentazione) dovrebbe portare il medico a valutare sempre la presenza di un’eventuale malattia celiaca.

Al contrario, ad alcuni pazienti con anoressia nervosa o con altri disturbi dell’alimentazione, che oltre alla perdita di peso spesso riportano sintomi gastrointestinali (sensazione di pienezza e gonfiore, dolori addominali), può essere diagnosticata in modo improprio un’intolleranza al glutine e prescritta una dieta priva di glutine (una procedura da non fare mai in assenza di una diagnosi certa di malattia celiaca (Gaesser & Angadi, 2012). In questi casi, la persistenza di astenia e dei sintomi gastrointestinali, nonostante l’eliminazione del glutine dovrebbe portare il medico a valutare sempre la presenza di un’eventuale disturbo dell’alimentazione (Marild et al., 2017).

Interazione tra disturbi dell’alimentazione e malattia celiaca

Il disturbo dell’alimentazione e la malattia celiaca, quando coesistono, interagiscono negativamente tra di loro attraverso numerosi meccanismi (Figura 2): (i) la dieta priva di glutine può favorire un incremento delle preoccupazioni per l’alimentazione e di conseguenza, intensificando i livelli di restrizione dietetica cognitiva e calorica, promuovere la perdita di peso (od ostacolare il recupero di peso) e la comparsa di episodi di abbuffata; (ii) gli episodi di abbuffata, in cui usualmente sono assunti cibi contenenti glutine, mantengono attiva la malattia celiaca; (iii) i cibi che contengono glutine possono essere assunti per favorire la perdita di peso; (iv) la malnutrizione e l’osteoporosi, causate dal basso peso dell’anoressia nervosa, possono essere accentuate dal malassorbimento prodotto dalla malattia celiaca.

MALATTIA CELICA E DA-2

Figura 2. Formulazione Personalizzata di una paziente con anoressia nervosa tipo con abbuffate/condotte di eliminazione e malattia celiaca

Trattamento

Nella maggior parte dei casi, la presenza della malattia celiaca tende ad ostacolare il trattamento psicologico dei disturbi dell’alimentazione. Infatti, l’adozione della dieta priva di glutine mantiene inevitabilmente attive, nelle persone affette da disturbi dell’alimentazione, le preoccupazioni per l’alimentazione e rende più difficile affrontare gli elevati livelli di restrizione dietetica cognitiva e calorica che sono un meccanismo di mantenimento chiave della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.

Per tale motivo il modulo “restrizione dietetica cognitiva” della terapia cognitiva comportamentale migliorata (CBT-E) – il trattamento raccomandato dalle linee guida NICE per la cura di tutti i disturbi dell’alimentazione negli adulti e negli adolescenti (National Institute for Health and Care and Clinical Excellence), va adattata per aiutare il paziente ad assumere una dieta priva di glutine e allo stesso tempo affrontare il recupero di peso (se indicato) ed eliminare le regole dietetiche rigide ed estreme finalizzate al controllo del peso, della forma del corpo e dell’alimentazione che riguardano tutti gli alimenti, compresi quelli privi di glutine. Il fine è quello di aiutare il paziente ad adottare le linee guida alimentari salutari e “flessibili” raccomandate, escludendo inevitabilmente alimenti contenenti glutine (per maggiori informazioni vedi Associazione Italiana Celiachia, 2018).

Accanto al trattamento psicologico, il paziente va monitorato sempre da un medico esperto nella valutazione e nella gestione della malnutrizione secondaria all’eventuale perdita di peso e al malassorbimento. In questi casi possono essereprescritti al paziente specifici supplementi vitaminici e sali minerali per reintegrare il deficit nutrizionale.

Bibliografia 

Associazione Italiana Celiachia. (2018). Dieta senza glutine. Retrieved from http://www.celiachia.it/dieta/Dieta.aspx

Fairburn, C. G., & Harrison, P. J. (2003). Eating disorders. Lancet, 361(9355), 407-416. doi:10.1016/s0140-6736(03)12378-1

Ferrara, A., & Fontana, V. J. (1966). Celiac disease and anorexia nervosa. New York State Journal of Medicine, 66(8), 1000-1005.

Gaesser, G. A., & Angadi, S. S. (2012). Gluten-free diet: imprudent dietary advice for the general population? Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics, 112(9), 1330-1333. doi:10.1016/j.jand.2012.06.009

Marild, K., Stordal, K., Bulik, C. M., Rewers, M., Ekbom, A., Liu, E., & Ludvigsson, J. F. (2017). Celiac Disease and Anorexia Nervosa: A Nationwide Study. Pediatrics, 139(5). doi:10.1542/peds.2016-4367

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Rubio-Tapia, A., Hill, I. D., Kelly, C. P., Calderwood, A. H., Murray, J. A., & American College of, G. (2013). ACG clinical guidelines: diagnosis and management of celiac disease. American Journal of Gastroenterology, 108(5), 656-676; quiz 677. doi:10.1038/ajg.2013.79

Ruiz, A. R. (2018). Malattia celiaca – Disturbi gastrointestinali. Manuali MSD Edizione Professionisti.

Walker, M. M., Murray, J. A., Ronkainen, J., Aro, P., Storskrubb, T., D’Amato, M., . . . Agreus, L. (2010). Detection of celiac disease and lymphocytic enteropathy by parallel serology and histopathology in a population-based study. Gastroenterology, 139(1), 112-119. doi:10.1053/j.gastro.2010.04.007

Wolters, V. M., & Wijmenga, C. (2008). Genetic background of celiac disease and its clinical implications. American Journal of Gastroenterology, 103(1), 190-195. doi:10.1111/j.1572-0241.2007.01471.x

Yucel, B., Ozbey, N., Demir, K., Polat, A., & Yager, J. (2006). Eating disorders and celiac disease: a case report. International Journal of Eating Disorders, 39(6), 530-532. doi:10.1002/eat.20294

[1]L’epitopo (o determinante antigenico) è quella piccola parte di antigene che lega l’anticorpo specifico. La singola molecola di antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi differenti.