Lo stato empirico delle terapie comportamentali di terza onda per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione: una review sistematica.

Selvaggia Sermattei – AIDAP Empoli e Firenze

Le attuali linee guida internazionali per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione raccomandano l’uso di trattamenti psicologici supportati empiricamente, ovvero terapie la cui efficacia sia stata dimostrata in trials randomizzati e controllati. Fra queste, la terapia cognitivo comportamentale (CBT) è indicata per la bulimia nervosa (BN) e per il disturbo da binge-eating (BED) da tutte le linee guida cliniche disponibili e in misura minore per l’anoressia nervosa (AN). Altre terapie raccomandate sono la terapia interpersonale (IPT), la terapia basata sulla famiglia (FBT) (soprattutto per gli adolescenti) e con minor evidenza la terapia psicodinamica e il modello Maudsley per il trattamento di adulti con anoressia nervosa (MANTRA).

Nonostante l’efficacia di queste terapie sia stata dimostrata in studi randomizzati e controllati, c’è consenso in letteratura rispetto alla necessità di ottenere ulteriori miglioramenti (in particolare per i tassi di drop-out, di ricaduta e di risposta parziale al trattamento) o di sviluppare nuove terapie efficaci. Recentemente le terapie comportamentali definite di “terza onda” sono state proposte da diversi autori come potenziali alternative per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione. Queste terapie uniscono alle classiche componenti della CBT di “seconda onda” (come il monitoraggio, l’esposizione con prevenzione della risposta) nuovi metodi basati su diverse premesse, per ottenere cambiamenti nel funzionamento psicologico e clinico. In generale le terapie di “terza onda” si focalizzano sulla funzione o sulla consapevolezza di pensieri ed emozioni (anziché sul contenuto o sulla validità dei processi cognitivi) e per questo enfatizzano strategie di accettazione, mindfulness, metacognizione e flessibilità psicologica. L’obiettivo è sviluppare strategie di regolazione emotiva focalizzate sulla risposta (ad esempio strategie che modulano l’espressione della risposta emotiva dopo che questa è attivata) a differenza della CBT classica che propone strategie di regolazione emotiva focalizzate sugli antecedenti (ovvero strategie che prevengono l’attivazione della risposta emotiva).

C’è abbastanza consenso in letteratura nel comprendere all’interno della categoria di terapie di “terza onda” la terapia dell’accettazione e dell’impegno (acceptance and commitment therapy, ACT), la terapia dialettico comportamentale (dialectical behaviour therapy, DBT), la terapia focalizzata sulla compassione (compassion mind training/compassion-focused therapy, FCT), interventi basati sulla mindfulness (mindfulness-based interventions, MBI), la terapia analitica funzionale (functional analytic therapy, FAP), la schema therapy (ST) e la terapia metacognitiva (metacognitive therapy, MT).

Numerose revisioni sistematiche e metanalisi hanno indagato l’efficacia di queste terapie per diverse condizioni cliniche, come sintomi depressivi e disturbi d’ansia, dimostrando una certa efficacia se confrontate con liste d’attesa o terapie “as usual”, e minori risultati quando comparate a interventi CBT standard.

Solo due metanalisi hanno indagato l’efficacia di terapie di “terza onda” nell’ambito dei disturbi dell’alimentazione dimostrando che DBT e MBI sono terapie potenzialmente efficaci nel trattamento della BN e del BED ma solo nel confronto con liste d’attesa o terapie “as usual”. Malgrado queste limitate evidenze, alcune ricerche sul trattamento dei disturbi dell’alimentazione, rivelano come i clinici tendano ad usare tecniche di “terza onda” (ad esempio la mindfulness) con una frequenza pari e talvolta superiore a quella con cui utilizzano tecniche derivate da terapie basate sull’evidenza come la CBT (ad esempio il monitoraggio dell’alimentazione o il controllo settimanale del peso).

Questo dato indica che coloro che ricercano un trattamento per un disturbo dell’alimentazione spesso possono non ricevere le terapie migliori disponibili.

Sulla base di queste premesse, Linardon e colleghi (2017), hanno ritenuto necessario e pertinente condurre una metanalisi sui lavori ad oggi disponibili in letteratura sulle terapie di “terza onda” per i disturbi dell’alimentazione.

Lo scopo di questo studio è stato esaminare l’efficacia delle terapie di “terza onda” per i disturbi dell’alimentazione attraverso 1) un calcolo dell’effect size nel confronto pre- e post-trattamento e nel confronto pre-trattamento e follow-up; 2) un confronto delle terapie di “terza onda” con liste d’attesa, controlli attivi e trattamenti per disturbi dell’alimentazione supportati empiricamente (CBT e IPT).

Un ulteriore obiettivo è stato esaminare se le terapie di “terza onda” soddisfano i criteri richiesti per essere considerate trattamenti supportati empiricamente secondo la classificazione di Chambless e Hollon (1998) molto più selettiva e rigorosa di altre proposte più recentemente.

Sono stati inseriti nella metanalisi studi randomizzati e controllati ma, a causa del loro numero limitato, anche studi prospettici con disegno pre-post di trattamenti psicologici di “terza onda”, in soggetti con un’età superiore a 16 anni, con disturbo dell’alimentazione.

Gli esiti primari sono stati:

  • la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione misurata con l’Eating Disorder Examination (EDE), l’EDE-Q, la sottoscala Bulimia dell’Eating Disorder Inventory (EDI), la Binge Eating Scale (BES), il punteggio totale dell’Eating Attitude Test (EAT) o la Scala di Assessment multifattoriale per i disturbi dell’alimentazione.
  • Il punteggio globale dell’EDE o dell’EDE-Q.
  • I tassi di remissione/guarigione definiti sia come la cessazione delle abbuffate e/o delle condotte di eliminazione negli ultimi 28 giorni, o il punteggio globale dell’EDE entro una deviazione standard dalla media comunitaria o il non soddisfacimento dei criteri diagnostici del DSM per un disturbo dell’alimentazione.
  • Le abbuffate definite come la frequenza auto-riferita del numero di episodi o del numero di giorni con abbuffate oggettive nell’ultimo mese.

Gli esiti secondari sono stati:

  • Le preoccupazioni per le forme del corpo, le preoccupazioni per il peso, le preoccupazioni per l’alimentazione o la restrizione dietetica, valutate dai punteggi delle relative sottoscale dell’EDE o dell’EDE-Q.
  • Punteggi relativi alla depressione valutati con la Beck Depression Inventory (BDI), la Montgomery-Asberg Depression Rating Scale (MADRS), la sottoscala della depressione del Symptom Checklist-90-Revised (SCL-90), la scala del Centre for Epidemiological Studies for Depression (CESD), o la Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS).
  • L’autostima valutata attraverso la Rosenberg Self-Esteem Scale (RSES).

L’Effect Size è stato calcolato per le analisi entro i gruppi per valutare cambiamenti pre- e post-trattamento e tra gruppi per il confronto tra le terapie di “terza onda” e altre condizioni.

Dei 27 studi inseriti (13 studi randomizzati e controllati, 1 studio controllato non randomizzato e 13 studi su un singolo trattamento con un disegno sperimentale pre-post) 15 trattavano un campione transdiagnostico, 9 un campione di individui con diagnosi di BED, 2 di BN e 1 di AN.

14 studi valutavano la DBT, 6 la MBI, 3 la CFT, 2 l’ACT e 2 la ST.

Fra gli studi randomizzati e controllati 4 usavano la CBT come confronto (2 in modalità di auto-aiuto e 2 guidata da un terapeuta), mentre altri confronti attivi erano fatti con trattamenti “as usual”, il trattamento di monitoraggio del diario giornaliero, la psico-educazione e una terapia supportiva non specifica.

Sebbene l’intenzione iniziale degli autori fosse di condurre analisi separatamente per ogni categoria diagnostica, ciò non è stato possibile a causa del limitato numero di studi inclusi. Così le analisi sono state condotte considerando da un lato gli studi che comprendevano campioni con soggetti con BED e dall’altro tutti gli altri studi con campioni transdiagnostici o con diagnosi di BN o AN.

I risultati sugli esiti primari indicano che le terapie di “terza onda” producono miglioramenti statisticamente significativi tra il pre- e post-trattamento e al follow-up, in tutti i campioni diagnostici. Le terapie di “terza onda” (in particolare la DBT) risultano essere più efficaci (con un moderato effect size) rispetto alle liste d’attesa ma non rispetto ai trattamenti attivi (in particolare la CBT) dove non si riscontrano differenze statisticamente significative (small effect size) al post-trattamento e al follow-up.

Sugli esiti secondari i risultati sono simili: le terapie di “terza onda” sembrano produrre miglioramenti significativi fra il pre- e il post-trattamento e al follow-up (senza differenze significative fra le varie terapie) e risultano più efficaci delle liste d’attesa ma non sono osservate differenze statisticamente significative se confrontate con i controlli attivi e la CBT.

Gli autori sottolineano che tali risultati sono principalmente basati sull’effect size pre-post ma, comprendendo studi non controllati, non è possibile capire in quale misura le differenze riscontrate siano da attribuire alla terapia o a variabili esterne come il passare del tempo, il recupero spontaneo o la regressione verso la media. Si rende quindi necessario condurre ulteriori studi randomizzati e controllati poiché questo è l’unico modo per stabilire l’efficacia di un trattamento e poter attribuire ad esso il merito di un miglioramento.

Per quanto riguarda i criteri (Chambless e Hollon, 1998) affinché le terapie di “terza onda” siano definite trattamenti supportati empiricamente i risultati indicano che la DBT, la ST, la CFT e la MBI si mostrano terapie potenzialmente efficaci per il BED e per la BN ma non per l’AN. L’ACT non soddisfa i criteri per essere considerata una terapia supportata empiricamente per nessuna categoria diagnostica, essendo stata valutata in un solo trial randomizzato e controllato in individui con AN e non si è mostrata superiore alla terapia “as usual” a fine trattamento e a 5 anni di follow-up.

La DBT risulta essere la terapia di “terza onda” maggiormente studiata (in 7 studi randomizzati e controllati) ma vi sono alcune limitazioni rispetto ai criteri suggeriti da Chambless e Hollon, infatti, gli studi sono stati condotti dallo stesso gruppo di ricerca e la numerosità dei campioni è bassa.

Mentre le altre terapie sono state studiate in soli 1 o 2 studi randomizzati e controllati.

Quindi ad oggi, sebbene alcune terapie di “terza onda” possano essere considerate potenzialmente efficaci per la BN e per il BED, nessuna di queste incontra i criteri per essere definita una terapia di efficacia basata sull’evidenza (come la CBT o la IPT).

Gli autori auspicano che, per il bene dei pazienti e per una buona pratica clinica, clinici e ricercatori lavorino insieme per continuare a testare l’efficacia di queste terapie, anche a partire da studi su singoli casi-controllo che possano fornire preliminari informazioni per valutare la necessità di condurre studi randomizzati e controllati più ampi.

Altra raccomandazione degli autori riguarda il proseguire studi che appartengono a recenti filoni di ricerca volti a cercare di superare le barriere che i clinici incontrano nell’implementare la CBT che rimane la miglior terapia ad oggi disponibile per i disturbi dell’alimentazione secondo i dati empirici.

Questi ostacoli tipicamente includono la credenza che i risultati della ricerca non siano applicabili a setting del “mondo reale”, la mancanza di formazione e supervisione clinica, la mancanza di conoscenza relativa ai meccanismi responsabili del cambiamento terapeutico e della dose minima di terapia richiesta.

Concludendo, quello di Linador e colleghi è il primo studio che ha indagato a livello qualitativo e quantitativo l’efficacia delle terapie comportamentali di “terza onda” per i disturbi dell’alimentazione, e i suoi risultati indicano che nonostante i dati promettenti sull’efficacia di alcune di queste terapie, ad oggi nessuna incontra i criteri formali per essere considerata un trattamento supportato empiricamente. Nel complesso la CBT mantiene il suo status di trattamento di prima scelta per BN, BED e adulti con AN, mentre l’IPT può essere considerata una valida alternativa per BN e BED.

 

Bibliografia

Linardon, J., Fairburn, C. G., Fitzsimmons-Craft, E. E., Wilfley, D. E., & Brennan, L. (2017). The empirical status of the third-wave behaviour therapies for the treatment of eating disorders: A systematic review. Clinical psychology review.

Chambless, D. L., & Hollon, S. D. (1998). Defining empirically supported therapies. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 66, 7–18.