Nuove frontiere nel trattamento del perfezionismo

A cura di Massimiliano Sartirana e Simona Calugi

Fonte. Nuove frontiere nel trattamento del perfezionismo. Roz Shafran, Anna Coughtrey, and Radha Kothari. International Journal of Cognitive Therapy, 9(2), 156–170, 2016

 

Definizione e descrizioni

Nonostante le diverse definizioni di perfezionismo e il volume di dati che dimostrano la sua associazione con la psicopatologia, fino a 15 anni fa non c’è stata alcuna ricerca su come trattarlo con metodi psicologici ben stabiliti come la terapia cognitivo comportamentale (CBT). Nel 2002 Roz Shafran ha descritto un tipo di perfezionismo nominato “perfezionismo clinico” e ne ha descritto la psicopatologia centrale come “l’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dall’inseguimento e raggiungimento di standard personalmente esigenti in almeno un dominio altamente saliente nonostante le conseguenze avverse”. L’obiettivo era  di poter promuovere lo sviluppo di un intervento da proporre nella pratica clinica.

 

Strumenti per la misurazione del perfezionismo

Attualmente sono conosciuti tre strumenti di misurazione del perfezionismo:

  1. la scala Multidimensionale di Frost;
  2. la scala Multidimensionale del perfezionismo di Hewitt e Flett;
  3. il questionario del perfezionismo clinico ideato dal centro CREDO.

I primi due, multidimensionali, seppur molto utilizzati, non sono stati ideati per valutare il cambiamento del perfezionismo con il trattamento. L’ultimo, invece, misura sia il costrutto del perfezionismo clinico che il suo cambiamento con il trattamento.

 

Motivi per cui il perfezionismo può essere un problema

I dati della ricerca e le osservazioni cliniche hanno dimostrato che il perfezionismo clinico può essere un problema per almeno quattro ragioni:

  1. può determinare conseguenze emotive in particolar modo ansia e depressione e danneggiare aree della vita come la prestazione scolastica, lavorativa (per esempio interruzione della scuola e nelle forme estreme, disoccupazione) e le relazioni sociali (es. isolamento);
  2. si può associare ad altri disturbi psicologici e complicarne il decorso;
  3. alcuni studi hanno dimostrato che può essere un predittore di esito negativo o di interruzione del trattamento per la depressione, i disturbi dell’alimentazione e il disturbo da dolore cronico, ostacolando il trattamento di disturbi di Asse I;
  4. studi prospettici hanno evidenziato che aumenta il rischio di sviluppare disturbi dell’alimentazione e depressione.

 

Il modello cognitivo comportamentale del perfezionismo clinico

Grazie alla definizione proposta da Shafran, il Centro per la ricerca sui disturbi dell’alimentazione di Oxford (CREDO) diretto dal prof. Fairburn ha proposto un modello di mantenimento cognitivo comportamentale del perfezionismo clinico, ipotizzando i seguenti processi di mantenimento (vedi fig. 1):

  1. imporsi standard molto elevati ed esigenti che se non soddisfatti favoriscono un’autocritica estrema accentuando l’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dalla prestazione nel dominio/i saliente/i;
  2. distorsioni cognitive nella valutazione della prestazione come l’attenzione al negativo, la minimizzazione o sconto dei risultati positivi e il pensiero tutto o nulla che hanno come effetto quello di favorire la percezione del fallimento;
  3. comportamenti estremi per prevenire il fallimento come i check della prestazione con attenzione selettiva al negativo;
  4. raramente sentire di aver raggiunto i propri standard che ha come effetto quello di rinforzare in modo intermittente l’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dalla prestazione nel dominio/i saliente/i;
  5. rivalutare lo standard come non sufficientemente elevato che ha come potenziale conseguenza quella di aumentare la probabilità di insuccesso che favorirebbe l’autocritica e quindi alimenterebbe l’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dalla prestazione nel dominio/i saliente/i;
  6. non soddisfare gli standard che favoriscono l’autocritica estrema, la quale accentua l’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dalla prestazione nel dominio/i saliente/i;
  7. evitare o procrastinare la prestazione che favoriscono l’autocritica;
  8. autocritica estrema come conseguenza del non aver soddisfatto gli standard e dell’aver evitato o procrastinato.

 

Figura 1. Formulazione dei meccanismi di mantenimento del perfezionismo clinico

Valutazione del modello cognitivo comportamentale del perfezionismo clinico

Il ruolo di alcuni processi cognitivo comportamentali di mantenimento ipotizzati dal modello sono stati confermati da una serie di studi sperimentali:

  1. Distorsioni cognitive. Il ruolo del pensiero tutto o nulla è stato confermato da studi che hanno dimostrato che questo tipo di pensiero spiega una varianza significativa nel perfezionismo tra gruppi clinici e gruppi di controllo costituiti da studenti; studi che hanno utilizzato la metodologia dell’emotional stroop e dell’interpretazione di scenari ambigui hanno confermato che i soggetti con punteggi elevati nel perfezionismo interpretano e fanno attenzione in modo negativo a stimoli il cui contenuto è attinente al dominio/i in cui il perfezionismo si esprime.
  2. Comportamenti di check della prestazione. Studi sperimentali hanno dimostrato un aumento dei check della prestazione nei soggetti in cui era stato indotto un pensiero altamente perfezionista rispetto ad un pensiero scarsamente perfezionista.
  3. Autocritica. Il ruolo dell’autocritica è stato confermato da studi di associazione che hanno evidenziato come il perfezionismo si associ a più alti livelli di vergogna e colpa e a più bassi livelli di persistenza di un compito. È stato anche dimostrato che l’autocritica sembra giocare un ruolo chiave nell’associazione tra perfezionismo e patologia alimentare in campioni di atlete donne.
  4. Rivalutare gli standard dopo un “risultato positivo”. Questo processo di mantenimento è stato confermato in compiti sperimentali in cui si è evidenziato che gli individui con perfezionismo si pongono un obiettivo più difficile dopo aver ottenuto un risultato che soddisfi i loro standard.

 

La CBT per il perfezionismo clinico e la sua efficacia

Da questo modello è derivata la CBT del perfezionismo che può essere somministrata da sola o in aggiunta a un trattamento specialistico evidence-based per il disturbo di Asse I in cui il perfezionismo si esprime (per esempio nel controllo dell’alimentazione nei disturbi dell’alimentazione).

Il trattamento ha una durata di 10 settimane con le prime 6 sedute che si svolgono due volte a settimana, seguite da 3 sedute una volta a settimana e le ultime due ogni due settimane.

La maggior parte della ricerca sul trattamento del perfezionismo si è concentrata sulla CBT condotta da sola e fino ad ora è supportata da studi sperimentali su casi singoli, da uno studio randomizzato e controllato condotto su un piccolo campione di soggetti e da una meta analisi. Complessivamente questi studi hanno evidenziato che il trattamento è efficace non solo nel determinare miglioramenti clinicamente significativi nei livelli di perfezionismo nel 75% dei soggetti con diagnosi di disturbo d’ansia e depressione ma anche di avere un effetto specifico sul disturbo di Asse I riducendo, fino a dimezzare, il numero di individui che avevano quelle diagnosi.

Solo uno studio pilota ha valutato la CBT del perfezionismo in aggiunta ad un trattamento standard per i disturbi dell’alimentazione in un campione di 61 pazienti ricoverati evidenziando l’efficacia complessiva del trattamento ma non chiarendo se sia stato  necessario affrontare separatamente il perfezionismo per trattare efficacemente il disturbo dell’alimentazione.

 

Sviluppo di interventi a bassa intensità

Alla luce dello sviluppo di modelli di intervento  con livelli decrescenti di intensità di cura anche per il perfezionismo sono stati sviluppati interventi a bassa intensità. Di seguito sono riportate le forme che hanno avuto maggiori evidenze di efficacia:

  1. Manuali di auto-aiuto. La ricerca ha dimostrato che le forme di auto-aiuto, con effetto superiore all’auto-aiuto guidato, sono in grado di produrre una riduzione clinicamente significativa dei livelli di perfezionismo, di ansia e depressione in campioni non clinici e dei sintomi bulimici nei campioni di pazienti con bulimia nervosa senza affrontare direttamente la psicopatologia.
  2. CBT di gruppo. Il supporto deriva da studi su serie di casi che hanno evidenziato effetti positivi, indipendenti dai cambiamenti dell’indice di massa corporea, nel ridurre complessivamente i livelli di perfezionismo, i punteggi della preoccupazione per gli errori e degli standard personali, in adulti con anoressia nervosa nel corso di un trattamento residenziale.
  3. CBT basata su internet. La ricerca ha offerto risultati contradditori per quello che riguarda questa forma di trattamento con uno studio che ha dimostrato risultati positivi nel ridurre i livelli di ansia, depressione e perfezionismo e un altro che, invece, ha dimostrato risultati meno efficaci rispetto alla modalità “vis-a-vis” ad un follow-up a 6 mesi.
  4. Altri interventi. Recentemente un trial randomizzato e controllato (gruppo di controllo costituito da pazienti in lista di attesa), che ha valutato un intervento di gruppo di tipo interpersonale psicodinamico ideato da Hewitt e colleghi basato su una concettualizzazione comprensiva, ha evidenziato risultati promettenti in termini di riduzione di varie componenti del perfezionismo alla fine del trattamento e a 4 mesi di follow-up.

 

Prevenzione del perfezionismo.

Considerando il ruolo chiave, supportato dalla ricerca, del perfezionismo come fattore di rischio transdiagnostico per diversi disturbi psicologici, c’è stato un crescente interesse nello sviluppo di programmi di prevenzione diretti a popolazioni non cliniche di studenti. Anche in questo caso il supporto deriva da studi iniziali di coaching basati su principi cognitivo comportamentali e poi da due studi, uno dei quali condotto su ampio campione di adolescenti (n=700), in cui è stato valutato un programma di 8 lezioni ideato per affrontare il perfezionismo. In generale questi studi hanno evidenziato l’efficacia dei programmi nel ridurre significativamente i livelli di perfezionismo, autocritica ed emozioni negative a 6 mesi di follow-up rispetto ai soggetti di controllo anche se poi le differenze nel miglioramento al follow-up di 12 mesi si mantenevano solo per il perfezionismo. Nel complesso i risultati di questi programmi di prevenzione sono incoraggianti anche se la ricerca futura dovrà studiare meglio gli effetti a lungo termine su emozioni negative e psicopatologia.

 

Conclusioni

Possiamo dire che negli ultimi 20 anni ci sono stati considerevoli miglioramenti sia nella concettualizzazione che nella progettazione di un trattamento cognitivo comportamentale che la ricerca ha dimostrato essere potenzialmente efficace. Ciononostante ci sono una serie di questioni controverse che la ricerca futura ha il dovere di chiarire e che riportiamo di seguito:

  1. Se il perfezionismo si presenta nel contesto di un disturbo psicologico di Asse I deve essere trattato in aggiunta al trattamento per quel disturbo oppure no perché può migliorare per effetto del successo del trattamento del disturbo psicologico?
  2. Qual è la natura della relazione tra perfezionismo e bassa autostima?
  3. Quali sono le differenze tra la CBT per il perfezionismo e altre forme di trattamento, come interventi di gruppo brevi di tipo psicodinamico e interpersonale? Quali sono i mediatori del cambiamento?
  4. Come possono essere trattati altri aspetti del perfezionismo, come il perfezionismo socialmente orientato?
  5. Come trattare il perfezionismo nei bambini e negli adolescenti considerando che attualmente non ci sono studi che hanno valutato approcci cognitivo comportamentali?