Gli esperti rivalutano il ruolo dei grassi nelle nuove linee guida alimentari americane

A cura di: Emanuela Ferrara – Unità Operativa Locale AIDAP Verona

Dopo le valutazioni sul ruolo del colesterolo alimentare nelle malattie cardiovascolari e la conseguente proposta di abolirne la soglia massima di assunzione, nelle nuove Linee Guida Alimentari per la Popolazione Americana potrebbe sparire anche l’indicazione della percentuale massima di calorie provenienti dai grassi totali da introdurre con la dieta.

Gli esperti del comitato scientifico che stanno lavorando all’aggiornamento 2015 delle raccomandazioni, aboliscono la restrizione dell’introito di grassi, rivoluzionando le indicazioni e le politiche nutrizionali degli ultimi 40 anni. L’importante novità emerge dalla revisione della letteratura e dall’evidenza che la riduzione dei grassi totali, in particolare la sostituzione di questi con i carboidrati, non riduce il rischio cardiovascolare, al contrario di quanto ritenuto fino ad oggi.

Il razionale della soglia massima di assunzione, passata dal 30% delle calorie totali nelle Linee Guida del 1980 al 35% in quelle del 2005, era di limitare l’introito dei grassi saturi e del colesterolo, ritenuti i principali responsabili dell’aumento plasmatico del colesterolo LDL. Ma la campagna contro i grassi saturi è stata nel tempo generalizzata ed estesa a tutti i grassi alimentari, condizionando fortemente l’industria alimentare, la produzione agricola, le politiche nutrizionali rivolte alla collettività, la ristorazione, nonché l’opinione pubblica e le scelte alimentari individuali.

Soprattutto nella popolazione americana tutto ciò ha portato a un forte aumento del consumo di carboidrati raffinati, tuberi e alimenti con zuccheri aggiunti: un effetto collaterale su cui il mondo scientifico si sta concentrando.

Sappiamo che non è solo la quantità di colesterolo trasportato dalle LDL, ma anche la dimensione, la densità di queste particelle e il loro contenuto in Apo-lipoproteina B che influenzano il rischio cardiovascolare [2]. Una metanalisi di 60 trial controllati, ha infatti evidenziato che i grassi introdotti con la dieta hanno effetti più positivi sul colesterolo HDL e sui trigliceridi plasmatici rispetto ai carboidrati [3]. Gli effetti dei carboidrati anche su Apo-lipoproteina B sono meno favorevoli di quelli degli acidi grassi insaturi, e ciò può essere in accordo con i risultati di studi in cui diete ad alto contenuto di carboidrati, non solo aumentavano i trigliceridi plasmatici, ma inducevano anche uno spostamento verso particelle LDL più piccole e dense .[2] Questo spiega perché la sostituzione di grassi saturi con carboidrati nella dieta non abbassi il rischio cardiovascolare [1-4]. Ci sono inoltre diverse evidenze della correlazione tra il consumo di carboidrati raffinati e aumento di disfunzioni metaboliche, obesità e malattie cardiovascolari.

Nel report preliminare, gli esperti sostengono che non ci sono risultati convincenti per raccomandare una dieta ipolipidica e iperglucidica per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, metaboliche, cancro e obesità, e scoraggiano l’adozione di una dieta ricca di alimenti “low fat” o “non-fat” e di carboidrati raffinati [1].

Un’altra considerazione fatta dagli esperti riguarda l’aspetto qualitativo di questi nutrienti. Con un’alimentazione ipolipidica si riduce inevitabilmente anche l’introito degli acidi grassi insaturi e i benefici che da essi si possono avere. Trial randomizzati hanno dimostrato che diete con un alto contenuto in grassi insaturi, con calorie totali da grassi che superano il limite del 35%, riducono il rischio di malattia cardiovascolare [5].

Le nuove indicazioni dietetiche, come sostenuto dagli autori, dovrebbero riguardare solo l’ottimizzazione della qualità dei grassi introdotti e non le quantità [1]. Ciò porterebbe a una grande inversione di marcia sia nel campo delle politiche nutrizionali e di sanità pubblica sia in quello dell’industria alimentare, che richiederebbe interventi innovativi a vari livelli. L’abolizione del limite massimo di assunzione dei grassi dovrebbe essere seguita, per esempio, dal cambiamento delle informazioni nutrizionali e dei claim presenti sulle etichette degli alimenti, con l’eliminazione delle indicazioni sul contenuto di grassi e colesterolo, dalla ricerca e produzione di prodotti ricchi in grassi salutari da parte delle industrie alimentari e della ristorazione, da un cambiamento radicale nelle indicazioni per una sana alimentazione anche per i bambini, da campagne di informazione più diffuse ed efficaci sui rischi di un’alimentazione ricca di carboidrati raffinati e sui benefici dei grassi insaturi e così via. Un processo impegnativo che, se realizzato, segnerà l’inizio di una vera e propria rivoluzione.

Referenze

  1. Dietary Guidelines Advisory Committee; Scientific Report of the 2015 Dietary Guidelines Advisory Committee. 2015; http://www.health.gov/dietaryguidelines/2015-scientific-report/. Accessed March 25, 2015.
  2. Krauss RM. Atherogenic lipoprotein phenotype and diet-gene interactions . J Nutr 2001;131:340S–3S.
  3. Mensink RP, Zock PL, Kester AD, Katan MB. Effects of dietary fatty acids and carbohydrates on the ratio of serum total to HDL cholesterol and on serum lipids and apolipoproteins: a meta-analysis of 60 controlled trials. Am J Clin Nutr. 2003;77(5):1146-1155.
  4. Mozaffarian D. Nutrition and cardiovascular disease and metabolic diseases. In: Mann DL, Zipes DP, Libby P, Bonow RO, eds. Braunwald’s Heart Disease: A Textbook of Cardiovascular Medicine. 10th ed. Philadelphia, PA: Elsevier/Saunders; 2014.
  5. Appel LJ, Sacks FM, Carey VJ, et al; OmniHeart Collaborative Research Group. Effects of protein, monounsaturated fat, and carbohydrate intake on blood pressure and serum lipids: results of the OmniHeart randomized trial.JAMA. 2005;294(19):2455-2464.