Anoressia nervosa: chi risponde meglio alla terapia intensiva? Uno studio italiano svela i fattori chiave del successo terapeutico

L’anoressia nervosa è una dei disturbi di salute mentale più gravi e complessi da trattare. Colpisce prevalentemente adolescenti e giovani donne, con tassi di mortalità tra i più alti nel campo dei disturbi di salute mentale. Sebbene negli ultimi anni la ricerca abbia fatto importanti passi avanti, resta ancora difficile prevedere chi risponderà positivamente alla terapia e chi rischierà di ricadere o abbandonare il trattamento.

Ora, un ampio studio italiano, condotto presso la Casa di Cura Villa Garda (VR) e recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica da un’équipe guidata dalla psicologa Simona Calugi e dal medico Riccardo Dalle Grave, getta nuova luce sui fattori predittivi di successo in un trattamento intensivo per l’anoressia: la Terapia Cognitivo Comportamentale Migliorata (CBT-E).

Un trattamento intensivo in due fasi

Il programma CBT-E studiato dura 20 settimane e si articola in due momenti: una fase di ricovero riabilitativo intensivo (13 settimane) seguita da una fase di day-hospital (7 settimane). Si tratta di un approccio strutturato e non coercitivo altamente collaborativo, in cui le pazienti sono coinvolte attivamente sia nella decisione di partecipare sia durante il trattamento.

Lo studio ha analizzato i dati di 421 pazienti con diagnosi di anoressia nervosa, con età compresa tra i 16 e i 63 anni, trattate tra il 2016 e il 2023. Di queste, l’82,7% ha completato il percorso terapeutico e oltre il 70% ha partecipato al follow-up a 20 settimane dalla fine del trattamento.

Nessuno studio sugli esiti di trattamento dell’anoressia nervosa ha incluso un campione così ampio con valutazione al follow-up.

I risultati sono molto incoraggianti

I numeri sono incoraggianti: oltre l’80% dei pazienti ha raggiunto un peso considerato nella norma al termine del trattamento, e più del 60% ha ottenuto una “risposta completa”, ossia sia un peso sano sia un netto miglioramento dei sintomi comportamentali e psicologici del disturbo. A 20 settimane di distanza, circa il 60% ha mantenuto questi risultati.

Ma il vero cuore dello studio è l’indagine sui fattori predittivi: cosa distingue, fin dall’inizio, i pazienti che avranno un buon esito da quelli a rischio di fallimento terapeutico?

Ecco le tre principali scoperte:

  1. Un BMI più alto all’inizio del trattamento è uno dei più forti predittori di successo. In altre parole, chi arriva in condizioni meno critiche ha maggiori probabilità di recupero completo.
  2. Una minore gravità della psicopatologia alimentare, misurata attraverso test standardizzati, è associata a migliori risultati.
  3. Il cambiamento durante la terapia – in particolare, l’incremento del peso e la riduzione della psicopatologia – è un ottimo indicatore di come evolverà il percorso terapeutico.

Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca riguarda i pazienti che abbandonano il trattamento prima della fine. Contrariamente a quanto ipotizzato, nessuna variabile demografica o clinica ha predetto con certezza il rischio di drop-out. Questo suggerisce che l’abbandono potrebbe dipendere più da fattori motivazionali o relazionali – come la qualità dell’alleanza terapeutica – piuttosto che da caratteristiche “oggettive” misurabili all’ingresso.

Non a caso, presso Villa Garda l’ingresso al trattamento è preceduto da alcune sedute preparatorie, durante le quali il paziente viene aiutato a prendere una decisione consapevole: impegnarsi fin da subito nel trattamento e nel recupero del peso. Questa fase sembra contribuire a selezionare pazienti realmente pronti a intraprendere il percorso terapeutico.

Implicazioni cliniche: intervenire prima e meglio

Le conclusioni dello studio sono chiare: intervenire presto – quando il peso corporeo non è ancora a livelli critici e i pensieri disfunzionali non si sono ancora consolidati – offre maggiori probabilità di successo. Inoltre, i risultati sostengono l’importanza di personalizzare i trattamenti: i pazienti con BMI molto basso o con una psicopatologia più marcata all’inizio potrebbero necessitare di un supporto aggiuntivo, sia medico che psicologico.

Altra conclusione importante riguarda il ruolo del maggior cambiamento del peso e della psicopatologia durante il trattamento come predittore di esito. In sostanza, tanto più la terapia è efficace tanto più i pazienti potranno consolidare i loro risultati nel tempo. Questo risultato dovrebbe spingere i ricercatori a migliorare sempre di più l’intervento terapeutico e i clinici a implementare sempre al meglio la CBT-E e a motivare il paziente ad ottenere il massimo risultato dalla terapia.

“La CBT-E si conferma una terapia altamente efficace anche in contesti intensivi e reali, non solo in studi controllati,” commentano gli autori. Tuttavia, avvertono anche che lo studio ha dei limiti: la durata del follow-up è breve e non è stato possibile valutare a fondo l’effetto delle sedute di mantenimento post-ricovero.

La strada per il futuro

Il prossimo passo, secondo i ricercatori, sarà valutare l’efficacia a lungo termine di questi programmi intensivi e il loro rapporto costi-benefici rispetto ad altre modalità terapeutiche. In un momento storico in cui i servizi di salute mentale sono sotto pressione e le risorse sono limitate, sapere chi ha più bisogno e quando può fare la differenza tra un recupero stabile e una ricaduta.

In definitiva, questo studio conferma che l’anoressia è curabile – ma non tutte le strade sono uguali per tutti. Un trattamento ben costruito, una diagnosi tempestiva e una lettura attenta delle caratteristiche del paziente possono orientare meglio le scelte cliniche e migliorare la qualità di vita delle persone affette da questo complesso disturbo.

  • Calugi, S., Cattaneo, G., Chimini, M., Dalle Grave, A., Conti, M., & Dalle Grave, R. (2025). Predictors of Intensive Enhanced Cognitive Behavioral Therapy for Anorexia Nervosa. Prospective Cohort Study. International Journal of Eating Disorders. doi:10.1002/eat.24455 Full Text PubMed

 

 

“Capire chi ha più bisogno è il primo passo per curare davvero”

Intervista alla Dott.ssa Simona Calugi, prima autrice dello studio

Abbiamo incontrato la Dott.ssa Simona Calugi presso la Casa di Cura Villa Garda e prima autrice del recente studio sui predittori di efficacia della CBT-E intensiva per l’anoressia nervosa. Un’occasione per capire meglio cosa sta cambiando nella cura di questo disturbo così complesso.

Dottoressa Calugi, perché era importante fare uno studio sui predittori di risposta alla terapia per l’anoressia nervosa?

Perché ancora oggi la risposta al trattamento è molto eterogenea. Abbiamo pazienti che migliorano rapidamente e altri che, nonostante percorsi intensivi, faticano a fare progressi. Capire in anticipo chi ha più probabilità di trarre beneficio dalla terapia e chi potrebbe avere bisogno di supporti aggiuntivi è fondamentale per personalizzare l’intervento e ottimizzare le risorse.

Nel vostro studio, quali sono stati i fattori più rilevanti?

Senz’altro il peso corporeo (BMI) all’ingresso e la gravità della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione. I pazienti che iniziavano il trattamento con un BMI meno basso e psicopatologia del disturbo dell’alimentazione meno grave avevano maggiori probabilità di raggiungere e mantenere una condizione di “guarigione completa”. Un altro fattore chiave è stato il miglioramento precoce: chi guadagnava peso e riduceva i sintomi nelle prime settimane aveva più possibilità di successo a lungo termine.

Che tipo di trattamento è la CBT-E intensiva? In cosa si differenzia da altri approcci?

È una terapia basata su evidenze scientifiche, centrata sulla comprensione e modifica dei pensieri e comportamenti disfunzionali legati all’alimentazione, al peso e all’immagine corporea. La versione intensiva che usiamo a Villa Garda include una fase di ricovero riabilitative e una di day-hospital, coinvolgendo attivamente il paziente in tutte le fasi del trattamento. Il nostro obiettivo è coinvolgerli attivamente e consapevolmente fin dal primo giorno. Non usiamo approcci coercitivi, ma puntiamo su motivazione e collaborazione.

C’è un messaggio che vorrebbe trasmettere a chi si occupa di salute mentale o ai familiari di persone con anoressia nervosa?

Sì: non aspettate che il problema diventi grave. Spesso si pensa che le persone con anoressia nervosa vadano ricoverate in reparti di riabilitazione solo quando sono in una situazione di pericolo, ma i nostri dati dimostrano che intervenire prima è molto più efficace. Inoltre, è importante sapere che esistono trattamenti validi e che anche nei casi complessi è possibile ottenere miglioramenti significativi.

E il futuro della ricerca? Dove si sta andando?

Vorremmo approfondire l’effetto a lungo termine del trattamento e capire meglio come supportare i pazienti più gravi. Un altro obiettivo importante sarà valutare la sostenibilità economica dei programmi intensivi, per garantire accesso anche nei contesti in cui le risorse sono più limitate. Ma soprattutto, continueremo a studiare come rendere il trattamento sempre più personalizzato, perché ogni persona ha una storia unica – e merita una cura su misura.

🧠 La Dott.ssa Simona Calugi è dottore di ricerca, psicologa e psicoterapeuta e responsabile della ricerca clinica presso la Casa di Cura Villa Garda (Garda, Verona), specializzata nel ricerca e nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e parte del team che ha contribuito allo sviluppo della CBT-E per gli adolescenti e della CBT-E intensiva.

 

5 cose da sapere sulla CBT-E (Terapia Cognitivo Comportamentale Migliorata)

  1. È un trattamento basato su prove scientifiche.
    La CBT-E è stata sviluppata appositamente per i disturbi dell’alimentazione e ha dimostrato efficacia sia in contesti ambulatoriali che intensivi.
  2. Lavora sui meccanismi di mantenimento cognitivi, emotivi e comportamentali
    Aiuta il paziente a identificare e modificare le espressioni e i meccanismi di mantenimento del disturbo dell’alimentazione in modo personalizzato e flessibile
  3. È un percorso attivo e collaborativo.
    Il paziente è attivamente coinvolto fin dall’inizio nella definizione degli obiettivi e delle strategie, senza imposizioni né coercizioni.
  4. Parte dai comportamenti, ma arriva alla mente.
    Il recupero del peso non è un punto d’arrivo, ma una condizione necessaria per affrontare le paure e i pensieri legati al disturbo.
  5. E’ altamente personalizzata.
    Esistono versioni della CBT-E per adulti, adolescenti, ambulatoriale, intensiva o post-ricovero. L’approccio si adatta alle esigenze della persona.