Le diete chetogeniche sono controindicate nel trattamento del disturbo da binge-eating associato all’obesità

Riccardo Dalle Grave

Il disturbo da binge-eating è stato descritto per la prima volta nel 1959 dal medico psichiatra americano Albert Stunkard (1959) per illustrare le caratteristiche di un sottogruppo di pazienti con obesità ed episodi ricorrenti di alimentazione eccessiva e incontrollata: un comportamento da lui chiamato binge eating.

La sua esistenza come disturbo dell’alimentazione distinto è stata però ignorata fino alla seconda metà degli anni Ottanta, quando alcuni studi sulla prevalenza della bulimia nervosa nella popolazione evidenziarono un ampio sottogruppo di individui che non usava comportamenti di compenso dopo gli episodi di abbuffata (Ferguson & Spitzer, 1995). Nello stesso periodo si osservò che circa un quarto degli individui che richiedeva un trattamento per l’obesità riportava episodi di abbuffata ricorrenti, ma non soffriva di bulimia nervosa (Spitzer et al., 1993).

Nel 1994 l’Associazione Psichiatrica Americana (APA) incluse il BED come un esempio di disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato e, nell’Appendice B del manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM-IV), fornì una lista di criteri diagnostici per ulteriori studi (American Psychiatric Association, 1994). Studi successivi confermarono che il BED presentava caratteristiche cliniche distintive rispetto alla bulimia nervosa e all’obesità supportando la validità e l’utilità clinica della diagnosi di BED (Wonderlich, Gordon, Mitchell, Crosby, & Engel, 2009), ma solo nel 2013 il disturbo fu riconosciuto dal DSM-5 come categoria diagnostica distinta (American Psychiatric Association, 2013).

Negli ultimi 15 anni sono stati pubblicati più di 2000 articoli sul BED in riviste scientifiche internazionali e oggi abbiamo un’ampia conoscenza delle sue principali caratteristiche cliniche. Gli studi effettuati hanno però anche fatto emergere l’effetto limitato dei trattamenti disponibili sulla perdita di peso, quando il BED è associato all’obesità (Wilson, Wilfley, Agras, & Bryson, 2010).

Recentemente alcuni autori hanno proposto la dieta chetogenica come potenziale trattamento per favorire sia il controllo degli episodi di abbuffata sia la perdita di peso (Carmen et al., 2020; Rostanzo, Marchetti, Casini, & Aloisi, 2021), ma le evidenze a supporto di questa indicazioni sono scarse, Inoltre, come cercherò di spiegare in questo articolo, le diete chetogeniche, possono contribuire a mantenere ed aggravare gli episodi di abbuffata nelle persone con BED e obesità

BED e obesità

Il BED, pur essendo presente anche negli individui normopeso, è più frequente in quelli con obesità. Il fatto che gli episodi di abbuffata non siano seguiti dall’utilizzo regolare di comportamenti di compenso e accadano in un contesto in cui è presente una tendenza generale a mangiare in eccesso e in modo sregolato spiega la sua associazione con l’obesità. Tra le persone che ricercano un trattamento per l’obesità, tra l’1,4 e il 9% soddisfa i criteri diagnostici DSM del BED (Dalle Grave , Sartirana, & Calugi, 2020), sebbene nella stessa popolazione la presenza di episodi di abbuffata sia stata riportata con una percentuale variabile dal 9 al 29% (Dalle Grave  et al., 2020).

BED e diete chetogeniche

Le diete chetogeniche sono schemi dietetici con alto contenuto di grassi (~60%), basso contenuto di carboidrati (~10%) e livelli moderati di proteine ​​(~30%). Se gli individui aderiscono a questo modello dietetico, si verifica una chetosi nutrizionale che determina l’incremento della lipolisi, la riduzione della lipogenesi e l’aumento dei costi metabolici della gluconeogenesi e dell’effetto termico delle proteine (Paoli, Rubini, Volek, & Grimaldi, 2013). In alcune persone la chetogenesi sembra anche determinare a breve termine una lieve diminuzie dell’appetito e della fame e una maggiore sazietà (Gibson et al., 2015). Tali effetti hanno portato alcuni clinici a prescrivere la dieta chetogenica alle persone con obesità e BED basandosi sull’osservazione che questi pazienti riportano incapacità di sopportare l’aumento della fame, disturbi della sazietà (per es. “non si sentono mai sazi”), desiderio di cibo e di abbuffarsi, e citano queste esperienze come il maggiore impedimento al raggiungimento della perdita di peso.

Gli effetti della dieta chetogenica nei pazienti con episodi di abbuffate ed obesità sono stati valutati solo in due case studies di 3 (Carmen et al., 2020) e 5 pazienti (Rostanzo et al., 2021), che riportavano la presenza di binge-eating e food addiction.  Entrambi gli studi, pur riportando un potenziale effetto benefico della dieta chetogenica sul comportamento alimentare e sulla perdita di peso a breve termine, presentano importanti limiti metodologici. Innanzitutto, le valutazioni, essendo state fatte solo a breve termine (21 settimane, 9-21 mesi), non permettono di trarre conclusioni sugli effetti a lungo termine di queste diete sul comportamento alimentare e il peso. Poi, entrambi gli studi hanno valutato la presenza di binge-eating con il questionario Binge Eating Scale (BES), che presenta molti falsi positivi, e con la Yale Food Addiction Scale (YFAS) che valuta la controversa presenza di “dipendenza” dal cibo. Infine, l’assenza di casi di controllo preclude qualsiasi conclusione sul ruolo delle diete chetogeniche rispetto ad altri interventi dietetici.

Restrizione dietetica disfunzionale e disturbo da binge eating

Le persone con BED e obesità riportano con elevata frequenza l’adozione di una restrizione dietetica disfunzionale caratterizzata dall’adozione intermittente di regole dietetiche estreme e rigide per cercare di perdere peso e di modificare la forma del corpo che dettano cosa, quando e quanto è «permesso» o «non permesso» mangiare (Cooper, Calugi, & Dalle Grave, 2019). Le regole dietetiche della dieta disfunzionale includono:

  • «Evitare completamente i carboidrati perché fanno ingrassare» (come raccomandato dalle diete chetogeniche)
  • «Non mangiare niente dopo le 18:00»
  • «Mangiare meno di 1.000 calorie al giorno»
  • «Concedersi un solo pasto “più grande” al giorno»

La restrizione dietetica disfunzionale è implicata nel mantenimento degli episodi di abbuffata attraverso i meccanismi descritti nei paragrafi seguenti.

Meccanismi fisiologici

  • Sebbene nelle prime fasi di alcune diete disfunzionali (per es. le diete chetogeniche) possa verificarsi una diminuzione dell’appetito e della fame, in tempi più o meno lunghi la fame prende quasi sempre il sopravvento e si associa ad un aumento delle preoccupazioni sul cibo e sull’alimentazione che occupano progressivamente più tempo durante il giorno. Quando le persone soccombono alla fame tendono a mangiare in eccesso e ad abbuffarsi dei cibi che hanno evitato.
  • Craving per i carboidrati. Una dieta ad alto contenuto proteico portata avanti a lungo termine aumenta i livelli plasmatici degli amminoacidi che competono con il triptofano per il trasporto nel cervello (ad esempio, leucina, isoleucina e valina), diminuendo così il flusso di triptofano attraverso la barriera ematoencefalica e i livelli di serotonina cerebrali con possibile deflessione del tono dell’umore e aumento assunzione dei carboidrati quando sono introdotti con la dieta (Wurtman & Wurtman, 1986).

Meccanismi cognitivi

  • Effetto della violazione del controllo. È una reazione cognitivo comportamentale alla quasi inevitabile rottura «delle regole dietetiche estreme» che caratterizzano la restrizione dietetica disfunzionale. La rottura delle regole dietetiche è, infatti, spesso attribuita dalle persone con BED e obesità alla mancanza di forza di volontà o di valore personale e non al fatto che le regole dietetiche erano estreme e rigide. Questa interpretazione determina lo sviluppo di dissonanza cognitiva (per es. «Valgo se non mi abbuffo – non valgo se mi abbuffo») che produce pensieri e comportamenti finalizzati a ridurre la dissonanza stessa (per es. “Non riuscirò mai a guarire; sono destinato ad abbuffarmi per tutta la vita; allora tanto vale che ricominci a mangiare tutto quello che voglio e abbandoni ogni tentativo di controllare l’alimentazione”) (Marlatt & Gordon, 1985). In questo modo la persona continua ad abbuffarsi senza sentirsi in colpa.
  • Disinibizione. Le persone che adottano regole dietetiche estreme e rigide usano la maggior parte del loro autocontrollo e della loro forza di volontà per tenere sotto controllo la loro dieta. Questo li rende vulnerabili alla disinibizione quando qualcos’altro ostacola l’esercizio dell’autocontrollo (es. alcol, eventi, emozioni, rottura della regola dietetica) (Fairburn et al., 2008).
  • Sindrome della falsa speranza. Le persone con BED e obesità persistono paradossalmente in ripetuti tentativi di perdita di peso con diete disfunzionali, nonostante i fallimenti precedenti. La perdita di peso iniziale fornisce spesso un potente rinforzo positivo, anche se poi è seguita da un fallimento, perché si accompagna spesso a sensazioni di controllo e ottimismo. Le aspettative non realistiche relative alla facilità, alla velocità, al probabile grado di perdita di peso e ai presunti benefici che si potranno ottenere dal decremento ponderale tendono a sopraffare la conoscenza derivata dai precedenti fallimenti. La falsa speranza di chi segue le diete disfunzionali riflette il desiderio di credere che si può ottenere ciò che si desidera: le false speranze si sviluppano perché le persone vogliono credere ad esse (Dalle Grave 2020).

Dieta salutare e flessibile e disturbo da binge eating

La dieta salutare e flessibile, che è caratterizzata dall’adozione linee guida alimentari salutari e flessibili che includono l’assunzione di un’ampia varietà di cibi prestando attenzione al controllo del peso corporeo, sembra essere la strategia ottimale da consigliare ai pazienti con BED e obesità (Cooper et al., 2019). Questa raccomandazione è supportata dai risultati di uno studio in cui si è trovato che il controllo rigido dell’alimentazione è associato con punteggi maggiori di disinibizione, più alto indice di massa corporea (IMC) ed episodi più frequenti e gravi di abbuffata. Al contrario, il controllo flessibile dell’alimentazione è risultato essere associato con livelli più bassi di disinibizione e IMC, episodi meno frequenti e gravi di abbuffata, minor introito energetico riferito e più alta probabilità di successo nella riduzione del peso durante il trattamento (Westenhoefer, Stunkard, & Pudel, 1999).

Conclusioni

Allo stato attuale non abbiamo dati empirici che supportino l’utilità e la sicurezza delle diete chetogeniche nel trattamento dei pazienti con BED associato all’obesità. Al contrario, la dieta disfunzionale (come quella chetogenica che elimina un ampio numero di alimenti) sembra essere uno dei meccanismi più importanti nel mantenimento e nell’aggravamento degli episodi di abbuffata attraverso numerosi meccanismi fisiologi e cognitivi.

In conclusione, la dieta chetogenica, come altre forme di dieta disfunzionali, è «controindicata» nel trattamento del disturbo da binge-eating e in tutti gli altri disturbi dell’alimentazione.

 

Bibliografia

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