Psicoterapia Basata sull’Evidenza Scientifica nei Disturbi dell’Alimentazione
Dr.ssa. Simona Calugi
Presidente AIDAP
Il concetto di pratica clinica basata sull’evidenza scientifica (Evidence-Based Practice, EBP) affonda le sue radici nel più ampio ambito della medicina basata sull’evidenza (Evidence-Based Medicine, EBM), sviluppatasi negli anni ’70 (Claridge & Fabian, 2005). Proposta inizialmente dal Dr. David Eddy, la EBM sosteneva la necessità di basare le decisioni mediche su evidenze scientifiche solide, piuttosto che su tradizione, intuizione o esperienza personale. Negli anni ’90 la EBM viene ufficialmente formalizzata con una pubblicazione sul Journal of the American Medical Association (JAMA) a cura dell’Evidence-Based Medicine Working Group (“Evidence-based medicine. A new approach to teaching the practice of medicine,” 1992).
Con il tempo, questo approccio si è esteso oltre la medicina, portando alla nascita dell’EBP, che include discipline come la psicologia, l’infermieristica e la sanità pubblica. Nella psicoterapia, l’EBP è stata definita come l’integrazione tra le migliori evidenze di ricerca disponibili, l’expertise clinica e le preferenze del paziente. Tale definizione sottolinea l’importanza dell’utilizzo di dati derivanti da meta-analisi, studi controllati randomizzati (RCT) e altre metodologie di ricerca rigorose a supporto delle decisioni cliniche.
Pratica Basata sull’Evidenza in Psicoterapia
Le decisioni cliniche associate alle psicoterapie basate sull’evidenza vengono ottimizzate attraverso una collaborazione con il paziente, basata sulle migliori evidenze disponibili e con attenzione ai costi, ai benefici, alle risorse disponibili e alle opzioni.
L’implementazione ottimale dell’EBP in psicoterapia si fonda, infatti, su quattro componenti fondamentali (Cook et al., 2017):
- Fedeltà al modello di intervento: Una elevata fedeltà nell’applicazione degli interventi basati sull’evidenza garantisce il mantenimento degli elementi centrali della terapia. Modificare aspetti essenziali può comprometterne l’efficacia.
- Flessibilità: Sebbene la flessibilità permetta la personalizzazione del trattamento, deviazioni eccessive dal modello strutturato possono compromettere la fedeltà e, di conseguenza, l’efficacia dell’intervento.
- Competenza del terapeuta: La formazione, l’esperienza clinica e l’atteggiamento dei terapeuti influenzano significativamente la loro capacità di adottare e implementare correttamente l’EBP. Gli interventi complessi richiedono spesso una formazione aggiuntiva per essere erogati in modo adeguato.
- Relazione terapeutica: Il rapporto tra terapeuta e paziente riveste un ruolo importante nell’efficacia del trattamento. L’adattamento dell’approccio terapeutico alle caratteristiche specifiche del paziente può migliorare gli esiti delle psicoterapie basate sull’evidenza.
Punti di forza e di debolezza dell’EBP in Psicoterapia
Ci sono vantaggi per i professionisti, i team clinici e i pazienti che utilizzano le psicoterapie basate sull’evidenza. Si è sostenuto che, per essere etica, la pratica clinica deve essere guidata dai dati rilevanti. Incorporando la ricerca nella pratica clinica, i clinici utilizzano prove derivanti dalla ricerca piuttosto che affidarsi esclusivamente all’opinione personale.
I principali punti di forza possono essere così riassunti:
- Uso di evidenze empiriche: L’EBP promuove l’utilizzo di dati empirici, riducendo la dipendenza da giudizi soggettivi e minimizzando i bias cognitivi.
- Qualità e coerenza: Supporta l’erogazione di servizi psicoterapeutici di elevata qualità, coerenti ed economicamente sostenibili.
Nonostante i numerosi punti di forza dell’utilizzo della psicoterapia basata sull’evidenza, ci sono sfide da considerare.
- Generalizzabilità dei risultati: L’applicabilità dei risultati di ricerca a popolazioni cliniche eterogenee è spesso messa in discussione.
- Resistenze da parte di clinici e pazienti: L’erronea percezione dell’EBP come una procedura rigidamente “manualizzata” può generare resistenze.
- Richiesta di risorse: L’adozione dell’EBP può comportare investimenti significativi in formazione e supervisione continua per garantirne l’implementazione corretta.
EBP nel Trattamento dei Disturbi dell’Alimentazione
L’adozione dell’EBP in psicoterapia ha avuto un impatto significativo nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, fornendo metodologie strutturate per una pratica clinica efficace.
I disturbi dell’alimentazione sono condizioni complesse che richiedono interventi psicoterapeutici mirati. Le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence raccomandano l’utilizzo di diverse psicoterapie per i disturbi dell’alimentazione , tra cui la Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata (CBT-E), il Trattamento Basato sulla Famiglia (FBT) e la Terapia Interpersonale (IPT). Questi trattamenti hanno dimostrato efficacia clinica (National Institute for Health and Care and Clinical Excellence, 2017). Ulteriori approcci, come la Terapia Basata sulla Mindfulness, la Terapia Focalizzata sulle Emozioni e la Terapia dell’Auto-Compassione, sono in fase di esplorazione per verificarne il potenziale terapeutico (Osoro et al., 2022; Paranjothy & Wade, 2024; Sala et al., 2020).
L’utilizzo dell’EBP pone i ricercatori, ma soprattutto i clinici, di fronte ad importanti sfide e richiede che gli interventi promossi abbiano passato il vaglio della rigorosità scientifica del metodo di ricerca, così da poter fornire ai pazienti i migliori trattamenti disponibili. Nell’ambito dei disturbi dell’alimentazione questi temi sono quanto mai rilevanti, considerando che solo pochissimi centri pubblici o privati applicano l’EBP.
I seguenti punti dovrebbero essere considerati.
Rigorosità dello studio di ricerca
Molti studi sull’efficacia dei trattamenti per i disturbi dell’alimentazione presentano limitazioni metodologiche. Spesso i campioni includono pazienti non sottopeso o con diagnosi miste (es. studi sulla mindfulness o la terapia focalizzata sulle emozioni). L’uso di criteri d’inclusione poco definiti e l’assenza di controllo per variabili confondenti generano campioni eterogenei, limitando l’interpretabilità dei risultati. Inoltre, la scarsa standardizzazione degli strumenti diagnostici e delle misure di esito compromette la validità interna ed esterna degli studi.
Dimensione del campione
La difficoltà di reclutare partecipanti affetti da disturbi dell’alimentazione porta ad avere campioni di piccole dimensioni. Ciò riduce la potenza statistica degli studi, aumentando il rischio di errori di tipo II (mancato rilevamento di effetti reali).
Metodi di randomizzazione
Non tutti gli studi utilizzano procedure di randomizzazione adeguate. L’assenza di una randomizzazione rigorosa può introdurre bias di selezione, minando la validità del confronto tra trattamenti. Senza randomizzazione accurata, non è possibile attribuire con certezza le differenze negli esiti all’intervento stesso.
Fedeltà al protocollo
La fedeltà al trattamento, ovvero il grado con cui un intervento viene somministrato secondo il protocollo originale, è cruciale per valutarne l’efficacia. Scostamenti dal protocollo in ambito clinico o di ricerca possono attenuare gli effetti terapeutici e compromettere la replicabilità. Garantire una buona fedeltà richiede supervisione, formazione continua e monitoraggio, con costi significativi in termini di tempo e risorse. La maggior parte degli studi che cercano di dimostrare l’efficacia di psicoterapie per i disturbi dell’alimentazione , non danno indicazioni su come venga valutata la fedeltà al protocollo e spesso i clinici che conducono questi trial non hanno adeguata formazione.
Confronti tra interventi o interventi aggiuntivi
I nuovi interventi vengono spesso confrontati con trattamenti “gold-standard” (es. CBT-E, FBT). Tuttavia, quando si individua l’assenza di differenze significative tra i due interventi, questa può venire erroneamente interpretata come prova di equivalenza. L’assenza di differenze può essere attribuita ad altre variabili, tra cui la suddetta scarsa numerosità campionaria, che niente hanno a che vedere con l’efficacia dell’intervento.
In altre situazioni i trial clinici aggiungono un nuovo intervento alla terapia “gold-standard” cercando di dimostrare che la somma dei due è più efficace dell’intervento singolo. Tuttavia, un buon clinico dovrebbe essere a conoscenza del fatto che prima di aggiungere un nuovo intervento a una terapia consolidata, occorre dimostrare:
- che la terapia standard da sola non sia sufficiente
- che il nuovo intervento, fondato su un diverso modello teorico, possa apportare un beneficio addizionale alla terapia standard
- come le due modalità terapeutiche possano essere integrate in modo coerente.
Servono quindi disegni di ricerca complessi e campioni sufficientemente numerosi, ancora oggi rari se non assenti, in questo ambito.
Replicabilità
La replicabilità è fondamentale per la credibilità scientifica. Tuttavia, molti risultati promettenti nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione non sono replicati in studi indipendenti o in contesti clinici diversi. Questo li rende non promuovibili come terapie efficaci.
Conclusioni
Le psicoterapie basate sull’evidenza scientifica dovrebbero continuare a guidare le scelte dei clinici, che hanno il compito e il dovere di applicarle nel modo più idoneo sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente. Tuttavia, il clinico necessita anche di avere una conoscenza base della metodologia della ricerca al fine di discernere interventi che siano stati testati usando un rigore metodologico adeguato da quelli che, invece, non siano considerabili tali. La mancanza di rigore metodologico (criteri di inclusione e esclusione, numerosità campionaria, standardizzazione degli strumenti di valutazione, metodi di randomizzazione, fedeltà al protocollo) significa impossibilità di stabilire l’efficacia di una psicoterapia con il rischio di promuovere interventi che, nella migliore delle ipotesi, non permettono di ottenere un cambiamento nel paziente.
Tra altri aspetti a cui porre attenzione, inoltre c’è la pratica recentemente promossa, di validare nuove psicoterapie come altrettanto efficaci di quelle gold standard sulla base di singoli RCT o proporre interventi aggiuntivi basati su modelli teorici differenti. Il rischio, anche in questi casi, è quello di fornire terapie sub-ottimali, con risultati scadenti o assenti. Qualunque nuova psicoterapia dovrebbe, infatti, superare indipendentemente gli stessi test dello standard di riferimento per ottenere lo stesso status e dovrebbe essere replicata. Per queste ragioni, le meta-analisi sull’efficacia delle psicoterapie dovrebbero tenere conto dei limiti degli studi clinici (elemento che non sempre viene considerato), al fine di evitare conclusioni inappropriate.
La ricerca futura ha il compito di concentrarsi sul superamento delle attuali limitazioni metodologiche, attraverso studi con campioni più ampi, randomizzazione accurata e repliche solide, al fine di rafforzare la base empirica delle psicoterapie.
Bibliografia essenziale
Claridge, J. A., & Fabian, T. C. (2005). History and development of evidence-based medicine. World J Surg, 29(5), 547-553. https://doi.org/10.1007/s00268-005-7910-1
Cook, S. C., Schwartz, A. C., & Kaslow, N. J. (2017). Evidence-Based Psychotherapy: Advantages and Challenges. Neurotherapeutics, 14(3), 537-545. https://doi.org/10.1007/s13311-017-0549-4
Evidence-based medicine. A new approach to teaching the practice of medicine. (1992). Jama, 268(17), 2420-2425. https://doi.org/10.1001/jama.1992.03490170092032
National Institute for Health and Care and Clinical Excellence. (2017). Eating disorders: recognition and treatment | Guidance and guidelines | NICE. Retrieved from https://www.nice.org.uk/guidance/ng69. In.
Osoro, A., Villalobos, D., & Tamayo, J. A. (2022). Efficacy of emotion-focused therapy in the treatment of eating disorders: A systematic review. Clin Psychol Psychother, 29(3), 815-836. https://doi.org/10.1002/cpp.2690
Paranjothy, S. M., & Wade, T. D. (2024). A meta-analysis of disordered eating and its association with self-criticism and self-compassion. Int J Eat Disord, 57(3), 473-536. https://doi.org/10.1002/eat.24166
Sala, M., Shankar Ram, S., Vanzhula, I. A., & Levinson, C. A. (2020). Mindfulness and eating disorder psychopathology: A meta-analysis. Int J Eat Disord, 53(6), 834-851. https://doi.org/10.1002/eat.23247