Oltre il BMI: come le nuove definizioni di obesità stanno cambiando la pratica clinica
Riccardo Dalle Grave
Per molti anni l’obesità è stata considerata quasi esclusivamente una questione di peso corporeo. L’indice di massa corporea (BMI), calcolato dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri, è diventato il parametro di riferimento globale per definire sovrappeso e obesità. Semplice, economico e facilmente riproducibile, il BMI ha avuto un ruolo centrale nella sanità pubblica e nella ricerca epidemiologica.
Tuttavia, con il progresso delle conoscenze scientifiche e con l’introduzione di terapie sempre più efficaci, è emerso in modo evidente che il BMI, da solo, non è sufficiente per descrivere la complessità dell’obesità nel singolo individuo. L’articolo pubblicato su JAMA nel dicembre 2025 da Zahid e colleghi e colleghi affronta proprio questo punto cruciale: come tradurre le nuove definizioni di obesità nella pratica clinica quotidiana, superando i limiti di un approccio basato esclusivamente sul peso.
Perché il BMI non è più sufficiente
Il BMI non distingue tra massa grassa e massa magra, non fornisce informazioni sulla distribuzione del tessuto adiposo e non indica se l’eccesso di grasso stia causando un danno reale alla salute. Due persone con lo stesso BMI possono avere profili di rischio completamente diversi: una può essere metabolicamente sana, l’altra affetta da diabete, ipertensione o malattie cardiovascolari.
In particolare, il BMI:
- non identifica l’accumulo di grasso viscerale, il più pericoloso dal punto di vista metabolico
- non intercetta soggetti con obesità “metabolicamente attiva” ma BMI nei limiti
- può portare a sottovalutare il rischio in anziani con sarcopenia
- favorisce un approccio standardizzato, poco personalizzato
Questi limiti hanno spinto la comunità scientifica a ripensare il modo in cui l’obesità viene definita, diagnosticata e trattata.
La nuova definizione di obesità: dalla Lancet Commission all’AACE
Nel 2024, la Lancet Diabetes & Endocrinology Commission ha proposto una nuova definizione di obesità basata sull’adiposità reale anziché sul peso. Secondo questa visione, l’obesità dovrebbe essere valutata attraverso:
- misurazioni dirette della massa grassa
- almeno due misure indipendenti di dimensioni corporee
- oppure un BMI ≥40 come criterio surrogato
La Commissione ha inoltre introdotto una distinzione tra:
- obesità preclinica, senza danni d’organo evidenti
- obesità clinica, con disfunzioni d’organo o limitazioni funzionali
Questa proposta, pur innovativa, ha suscitato perplessità: alcune società scientifiche temono che attendere la comparsa di disfunzioni cliniche possa ritardare il trattamento, con effetti negativi sugli esiti a lungo termine.
In questo contesto si colloca il consensus statement dell’American Association of Clinical Endocrinology (AACE), pubblicato nel settembre 2025. L’AACE ridefinisce l’obesità come una malattia cronica basata sull’adiposità, sostenuta da alterazioni neuro-ormonali, e fornisce indicazioni pratiche per la gestione clinica, tenendo conto delle nuove opzioni terapeutiche disponibili.
Come individuare l’eccesso di grasso corporeo nella pratica clinica
Secondo il consenso AACE, il BMI non deve essere abbandonato, ma utilizzato come strumento di screening iniziale, non come unico criterio diagnostico.
Un approccio in due passaggi
- Screening con BMI
- Conferma dell’eccesso di adiposità attraverso valutazioni aggiuntive
La conferma include:
- misurazione della circonferenza vita (a livello della cresta iliaca) (in Europa: ≥ 94 cm uomini, ≥ 80 cm donne
- calcolo del rapporto vita/altezza (≥0,5)
- valutazione clinica di massa muscolare, sarcopenia e stato di idratazione
Queste misure sono particolarmente utili nei soggetti con BMI inferiore a 35, nei quali il rischio metabolico può essere sottostimato se si considera solo il peso corporeo.
L’importanza del grasso viscerale
La circonferenza vita è un indicatore indiretto del grasso viscerale, fortemente associato a:
- diabete tipo 2
- sindrome metabolica
- eventi cardiovascolari
Poiché le soglie di rischio variano in base al sesso, all’etnia e all’area geografica, il documento AACE fornisce riferimenti internazionali per migliorare l’accuratezza diagnostica.
Quando persistono dubbi, è possibile ricorrere a tecniche di valutazione della composizione corporea, come la bioimpedenziometria o la DEXA, compatibilmente con i costi e la disponibilità.
Obesità e malattie correlate: un approccio integrato
Tradizionalmente si è cercato di distinguere tra:
- complicanze direttamente causate dall’obesità (come l’apnea ostruttiva del sonno)
- malattie associate all’obesità (come il diabete tipo 2)
L’AACE propone di superare questa distinzione, introducendo il concetto unificato di ORCD (Obesity-Related Complications and Diseases).
Questa scelta nasce da una considerazione pratica: nella realtà clinica è spesso difficile stabilire se una patologia sia causata direttamente dall’eccesso di grasso o semplicemente associata ad esso. Inoltre, tutte queste condizioni traggono beneficio dalla riduzione dell’adiposità.
Per questo motivo, l’AACE raccomanda:
- anamnesi completa e approfondita
- esame obiettivo mirato
- valutazioni di laboratorio
- esami strumentali selezionati
L’obiettivo non è classificare in modo rigido, ma valutare l’impatto complessivo dell’obesità sulla salute del paziente.
Come stadiare la gravità dell’obesità
Un altro contributo rilevante del consensus AACE è l’introduzione di un sistema di stadiazione clinica, assente nella proposta della Lancet Commission.
I tre stadi dell’obesità basata sull’adiposità
- Stadio 1: nessuna malattia metabolica o complicanza clinica
- Stadio 2: presenza di ORCD lievi o moderate (es. una o più malattie correlate all’obesità da lievi a moderate)
- Stadio 3: presenza di almeno un’ORCD grave (es. almeno 1 malattia correlata all’obesità grave, oppure più malattie e/o complicanze correlate all’obesità)
Le ORCD lievi includono alterazioni laboratoristiche asintomatiche, mentre quelle moderate interferiscono con le attività quotidiane. Le forme gravi compromettono in modo significativo la qualità della vita o la sopravvivenza.
NB. Il bias del peso interiorizzato e la stigmatizzazione, le condizioni psicologiche e i determinanti sociali della salute dovrebbero essere valutati in tutte le fasi per determinare in che misura incidono sulla qualità della vita o sul trattamento, e integrati nei piani di cura personalizzati.
Questa stadiazione:
- correla meglio con mortalità e morbilità
- consente una stratificazione del rischio più accurata
- guida la scelta e l’intensità del trattamento
Obiettivi di perdita di peso: indicazioni chiare e personalizzate
Una delle principali criticità delle linee guida precedenti era la mancanza di obiettivi quantitativi chiari. Il consensus AACE colma questo vuoto, proponendo target di perdita di peso specifici per ciascuna ORCD.
Alcuni esempi:
- ≥10% di perdita di peso per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari e migliorare l’apnea del sonno
- 5–10% per migliorare osteoartrosi, reflusso gastroesofageo e incontinenza urinaria
Questo approccio rende il trattamento più concreto e comprensibile per il paziente, migliorando l’aderenza e facilitando il monitoraggio dei risultati. In caso di risposta insufficiente, è raccomandata un’intensificazione progressiva delle strategie terapeutiche.
Il ruolo centrale dei farmaci anti-obesità
Il consensus AACE dedica ampio spazio alla farmacoterapia, riflettendo l’importanza crescente dei nuovi farmaci nel trattamento dell’obesità.
Una gerarchia terapeutica basata sulle comorbidità
Nei pazienti con diabete tipo 2, malattia renale cronica o malattia cardiovascolare aterosclerotica, sono raccomandati farmaci di nuova generazione come:
- semaglutide
- tirzepatide
Questi trattamenti consentono una perdita di peso significativa e migliorano gli esiti cardiometabolici.
Nei pazienti con stadio 1 o 2 senza indicazioni specifiche ai GLP-1 agonisti, possono essere considerati farmaci di prima generazione, come orlistat o naltrexone-bupropione. Nei pazienti con stadio 3, l’uso di farmaci di seconda generazione è fortemente raccomandato.
Le sfide per l’implementazione clinica
Nonostante la solidità del framework proposto, l’applicazione pratica presenta ancora ostacoli rilevanti:
- il BMI è radicato nei sistemi sanitari e nei flussi clinici
- servono formazione e tempo per introdurre nuove misurazioni
- l’accesso ai farmaci è spesso limitato da costi e rimborsi
- la gestione comportamentale richiede risorse multidisciplinari
Per superare questi limiti è necessario un impegno coordinato tra società scientifiche, istituzioni sanitarie, università e decisori politici.
Conclusione
Il consensus statement dell’AACE rappresenta un passaggio fondamentale verso una gestione dell’obesità più moderna, personalizzata e clinicamente rilevante. Spostare l’attenzione dal peso alla salute, dall’indice alla funzione, significa riconoscere l’obesità come una malattia cronica complessa, che richiede valutazioni articolate e interventi mirati.
Superare il BMI non sarà immediato, ma è un passo necessario per migliorare la qualità delle cure e l’impatto a lungo termine sulla salute pubblica, nonché sull’aspetto biologico, clinico e psicologico.
Referenze
Nadolsky K, Garvey WT, Agarwal M, Bonnecaze A, Burguera B, Chaplin MD, et al. American Association of Clinical Endocrinology Consensus Statement: Algorithm for the Evaluation and Treatment of Adults with Obesity/Adiposity-Based Chronic Disease – 2025 Update. Endocr Pract. 2025;31(11):1351–94. doi: 10.1016/j.eprac.2025.07.017.
Rubino F, Cummings DE, Eckel RH, Cohen RV, Wilding JPH, Brown WA, et al. Definition and diagnostic criteria of clinical obesity. The Lancet Diabetes & Endocrinology. 2025. doi: 10.1016/s2213-8587(24)00316-4.
Zahid S, Yao Z, Blumenthal RS, Blaha MJ. Translating New Obesity Definitions Into Clinical Practice. JAMA. 2025. doi: 10.1001/jama.2025.24909.
