Nuove Alleanze

A lungo ho pensato a cosa voler trasmettere con queste parole. Un’opportunità così unica e preziosa per trasformare la vergogna in servizio, il silenzio e la segretezza in una voce chiara e sicura di sé, perché la guarigione da un disturbo alimentare passa anche attraverso la condivisione. Come molte altre, la mia è una storia di sofferenza interiore, di caduta libera verso un abisso da cui, una volta toccato il fondo, ho iniziato una lenta risalita -verso la luce, l’aria fresca, il calore del sole. Un disturbo alimentare ti divora dentro. Mette radici là dove si aprono le tue crepe interiori, riempie quei vuoti incolmabili e ti dà la forza e sicurezza necessarie per non crollare e mantenere apparentemente il controllo. Uno scoglio a cui sei riuscita ad aggrapparti nel bel mezzo di una tempesta, da cui per nulla al mondo ti staccheresti. Poi però, col tempo o tutto a un tratto, lo scoglio inizia a sciogliersi sotto la tua presa. Il prezzo da pagare per rimanere aggrappati diventa troppo alto, sia a livello fisico che mentale, e la fiducia verso il disturbo comincia a intaccarsi. E allora si vuole uscire dal gioco, ma liberarsi di questo compagno diventa improvvisamente la più grande impresa della mia vita. Ha pervaso così tanto di te stessa e della tua esistenza, che il groviglio intricato di pensieri, emozioni, stati d’animo, realtà e immaginazione, non si può semplicemente tagliare qua e là per districarlo: il rischio è il collasso, il crollo catastrofico di Te. L’unica soluzione è sciogliere pazientemente uno per uno tutti i nodi. Un lavoro così immane e faticoso che è impossibile da compiere da soli. Così si arriva al cuore di questo testo: l’inizio del percorso di psicoterapia, il Big Bang che segna l’avvio di una nuova Vita.

Mi chiamo Benedetta, ho 25 anni e da tempo me ne vado in giro a braccetto con la bulimia nervosa. Fino a novembre del 2018 mi ha permesso di sopravvivere alla mia realtà. So di non essere proprio una tipica paziente con DCA, perché dopo otto anni di segreta complicità col mio disturbo, qualcosa si è rotto in modo irreparabile nella nostra alleanza. Volontariamente – in quello che allora fu per me un momento di follia, ma che oggi vedo come coraggio e lucidità – chiesi aiuto ad un’amica nutrizionista. Nella mia ingenuità, intuivo il mio problema, e pensavo di risolverlo con una semplice dieta ad hoc. L’idea che la bulimia potesse essere qualcosa di cui non potermi liberare con le mie sole forze, in quanto era una “faccenda privata” con me stessa, mi faceva rimanere piuttosto scettica, ma avevo anche intuito che c’era una parte di me disfunzionale, di cui non potevo fidarmi più, che mi avrebbe solo continuato a trascinare verso il basso. Prontamente ma delicatamente mi fu spiegata la necessità di intraprendere un percorso psicoterapeutico. Mai lo avevo considerato come un’opzione possibile, ma in quel momento, il bisogno di qualcosa di nuovo e intentato era così forte da farmi abbassare le difese quel tanto necessario da dire Sì: Voglio cambiare, Voglio iniziare un nuovo cammino ed essere più forte della paura.

Fin dal primo incontro psicoterapeutico, mi sono sentita investita da una ventata di rivoluzione, potente, spaventosa ma allo stesso tempo salvifica e così necessaria. Non scorderò mai come, quel giorno, la psicoterapeuta mi ha congedato: “Ti sei appena fatta il miglior regalo della tua vita, un po’ in anticipo per il tuo compleanno”. Allora presi queste parole con le pinze, ma adesso non posso che riconoscerne la profonda verità: è stato il primo passo, il più importante.

Da subito è scattato in me qualcosa che mi ha spinto a rivelarmi e aprirmi veramente per la prima volta: le mie parole si materializzavano nell’aria, non più solamente su carta nero su bianco nelle pagine di diari rivolte a me stessa; parole che venivano Ascoltate e Accolte da chi mi stava davanti, senza nessun tipo di giudizio, ma con comprensione e razionalità. Quell’ora a settimana divenne ciò che ogni volta aspettavo con ansia, nonostante suscitasse sempre stati d’animo in così forte contrasto. Tanto, troppo dentro di me, si era accumulato negli anni. Uno spazio fisico e mentale in cui potevo aprirmi ed essere completamente sincera e trasparente, come non lo ero mai stata nemmeno con me stessa; venivo guidata ad esplorare e considerare parti di me sepolte e nascoste, a utilizzare altri punti di vista, a riconoscere le maschere che mi ero messa addosso e che credevo fossero il mio vero volto. Sorpresa, dolore, incredulità e rassegnazione nel riconoscere l’evidenza da cui non potevo più fuggire, gratitudine, riconoscenza cominciarono a incrinare e scheggiare la mia corazza, costruita ad arte negli anni della mia adolescenza. Ogni passo immensamente faticoso, ma anche liberatorio. La mia visione distorta me stessa come immeritevole ancora si faceva sentire, gridando il suo senso di colpa: chi ero io per poter riversare così su qualcun altro tutto quel dolore, quella vergogna profonda e il mio senso di inadeguatezza, tutti i pensieri più cupi e folli? Possibile che meritassi davvero di essere Ascoltata solo perché avevo chiesto aiuto? Riconoscere di non essere perfetta come da tempo mi imponevo di essere, mirando a standard dettati solamente da me stessa, bruciava, un fuoco necessario come non mai.

Tutto il primo anno di psicoterapia è servito portare alla luce tutta una serie di costruzioni che mi ero fatta e che erano le mie difese; ho permesso a me stessa di conoscere un’altra parte del mio essere, quella fragile, quella che ha chiesto aiuto, ha accettato quello ricevuto, pronta ad ascoltare altre campane diverse dalla sua. Tutto quello su cui mi ero sempre basata stava venendo raso al suolo, pezzo per pezzo. E io vagavo fra le macerie, chiedendomi come avrei fatto a ricostruire qualcosa in quel campo devastato. Ancora non notavo i germogli nuovi e verdi, che timidamente si facevano strada verso il sole.

Scegliere di voler guarire, o di accettare una guarigione inizialmente imposta e poi capirla, è un enorme gesto di Amore. Per me è stato, ed è tutt’ora, dare fiducia a me stessa e a chi mi guida sulla via, continuando a stringere quella mano che mai si ritira, in un’alleanza tutta nuova che lascia quella col disturbo sempre più in secondo piano. Un cammino faticoso, difficile, pieno di insidie, un passo avanti e mezzo indietro, stanchezza e scoraggiamento sempre pronti a bloccare il passo dietro la curva… Ma, nonostante tutto, la strada più bella su cui si possa mettere i piedi: quella della Rinascita, del darsi una seconda possibilità, di perdonarsi e accettarsi nel nostro essere umani.

Il mio percorso è ancora lungo e ho molti passi avanti ancora da fare, ma il coraggio e la voglia di rivincita mi sostengono. Ho 25 anni ma ho appena iniziato a Vivere davvero.

Con immensa Gratitudine,

Benedetta