È una depressione secondaria al disturbo dell’alimentazione o coesistente?

Riccardo Dalle Grave e Simona Calugi

Alcuni pazienti affetti da disturbo dell’alimentazione che arrivano da noi per la prima volta hanno ricevuto una diagnosi impropria di depressione clinica e sono in trattamento con farmaci antidepressivi. Questo accade perché c’è una sostanziale sovrapposizione concettuale tra i due disturbi e non è semplice capire se la coesistenza di un disturbo dell’alimentazione e della depressione clinica costituisca una comorbilità vera o spuria.

Nell’anoressia nervosa molte caratteristiche cliniche rilevate sono la una conseguenza della malnutrizione e del sottopeso. Esempi sono:

  • Umore depresso.
  • Isolamento sociale.
  • Aumento dell’ossessività e dell’indecisione.
  • Sonno disturbato con risvegli precoci.
  • Mancanza di energia.
  • Perdita del desiderio sessuale.

Nella bulimia nervosa molte caratteristiche cliniche evidenziate sono, invece, la conseguenza degli episodi ricorrenti di abbuffata. Esempi sono:

  • Autocritica
  • Umore depresso.
  • Isolamento sociale.
  • Sensazione di impotenza.

In entrambi i casi, queste manifestazioni cliniche possono essere facilmente confuse con una vera e propria depressione clinica, quando in realtà, sono effetti secondari del disturbo dell’alimentazione.

Al contrario,caratteristiche suggestive che fanno sospettare la presenza di depressione clinica coesistente al disturbo dell’alimentazione sono le seguenti:

  • Presenza di una storia personale di depressione clinica che precede il disturbo dell’alimentazione.
  • Insorgenza tardiva del disturbo dell’alimentazione.
  • Recente e non spiegata intensificazione delle caratteristiche depressive in assenza di modificazioni della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione (per es. accentuazione dell’umore depresso, isolamento sociale, ideazione suicidaria).
  • Presenza di perdita di stimoli, pianto, ricorrenti pensieri sull’inutilità della vita, trascuratezza personale.

La distinzione tra depressione secondaria al disturbo dell’alimentazione e depressione clinica coesistente è essenziale per l’intervento terapeutico.  Nel primo caso, non dovrebbe essere trattata perché la sua risoluzione è conseguente al miglioramento della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione. Il rischio nel cercare di trattare questi effetti secondari con un altro intervento terapeutico (farmacologico o psicologico) è quello di distogliere il paziente e il terapeuta dal lavoro sul disturbo dell’alimentazione e, comunque, di non ottenere miglioramenti significativi.

Al contrario, la depressione clinica coesistente va identificata e trattata perché ostacola il trattamento del disturbo dell’alimentazione. Chi soffre di depressione clinica coesistente, infatti, pensa che non sia possibile cambiare, ha poca energia per impegnarsi nel trattamento e ha scarsa concentrazione per comprendere e trattenere le informazioni.

Nei casi di depressione clinica coesistente al disturbo dell’alimentazione viene raccomandato, dopo aver educato il paziente e raccolto il suo consenso, un trattamento farmacologico con antidepressivi da mantenere per almeno 9-12 mesi. La scelta di usare i farmaci e non una psicoterapia per la cura della depressione clinica dipende da due osservazioni: (i) il trattamento psicologico della depressione clinica richiede molto tempo e il progresso è limitato dal disturbo dell’alimentazione (si crea un’interazione negativa tra i due disturbi); (i) i farmaci antidepressivi, in particolare gli SSRI (per es. sertralina e fluoxetina) funzionano generalmente bene e rapidamente.

Se è presente una depressione clinica coesistente e il paziente ha riserve nell’usare gli antidepressivi va informato che essi non interferiscono con la capacità di fare le cose della vita e che la risoluzione della depressione clinica permetterà di beneficiare a pieno di una psicoterapia per il disturbo dell’alimentazione. Inoltre, gli antidepressivi non creano dipendenza, non aumentano il tono dell’umore (trattano solo la depressione) e hanno pochi effetti collaterali, come la nausea (effetto collaterale transitorio che dura qualche giorno). Se altri effetti collaterali, come il tremore fine alle mani, la difficoltà a deglutire e la diminuzione o la perdita del desiderio sessuale, sono persistenti, va valutata la possibilità di cambiare l’antidepressivo. Gli antidepressivi SSRI non aumentano l’appetito, c’è solo una maggiore sensibilità agli effetti inebrianti dell’alcool per cui bisogna bere con cautela.

Nel caso in cui il paziente rifiuti l’assunzione di antidepressivi può essere proposto un trattamento residenziale basato sulla terapia cognitivo comportamentale perché uno studio da noi eseguito ha evidenziato che non ci sono differenze nell’esito a breve e a lungo termine nelle pazienti affette da disturbi dell’alimentazione con o senza depressione clinica.

 

Bibliografia

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