La dieta mima digiuno ha dei rischi potenziali nell’influenzare negativamente il comportamento alimentare

A cura di Riccardo Dalle Grave

Valter Longo, ricercatore italiano che lavora al Longevity Institute, School of Gerontology, and Department of Biological Sciences dell’University of Southern California a Los Angeles (USA), è diventato famoso per aver proposto una dieta periodica che mima il digiuno che a suo dire potrebbe essere in grado di aumentare la durata di vita degli esseri umani, rallentando l’invecchiamento, rigenerando le cellule e, come effetto collaterale, favorendo la perdita di peso [1]. Inoltre, in una recente intervista rilasciata a Nutrizione33 ha affermato che il regime dietetico da lui proposto non ha osservato alcun problema che riguardava il comportamento alimentare durante il periodo di dieta libera e che, anzi, la tendenza dei partecipanti fosse stata quella di convertirsi a una dieta più sana.

L’autore ha sviluppato il suo regime dietetico basandosi su alcuni studi in cui è stato osservato che la restrizione dietetica promuove cambiamenti metabolici e cellulari che influenzano il danno ossidativo e l’infiammazione, ottimizzano il metabolismo energetico e incrementano la protezione cellulare. Inoltre il digiuno intermittente nei topi sembra promuovere la protezione contro il diabete, il cancro, le malattie cardiovascolari e neurodegenerative.

Sebbene nell’esiguo numero di partecipanti altamente selezionati, tre cicli di dieta mima digiuno non sembrino, secondo l’impressione degli autori, avere avuto effetti negativi [2, 3], gli studi fino ad ora eseguiti non hanno valutato con interviste validate (per es. l’Eating Disorder Examination Interview)  le attitudini e i comportamenti caratteristici dei disturbi dell’alimentazione prima, durante, dopo lo studio e dopo un adeguato periodo di follow-up.

È noto a chi si occupa di ricerca “clinica” che l’adozione di diete fortemente ipocaloriche, a breve termine si associa a un miglioramento del tono dell’umore e a un aumento del senso di controllo sull’alimentazione, ma a lungo termine  incrementa la preoccupazione per il cibo e il rischio di sviluppare episodi di alimentazione in eccesso e abbuffata [4-7]. Inoltre l’adozione di pratiche dietetiche fortemente ipocaloriche favorisce l’aumento di peso a lungo termine negli individui normopeso [8] e in quelli predisposti è un fattore di rischio per lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione di gravità clinica [9-11].

Mentre gli studi di ricerca di base eseguiti da Longo e colleghi sono eccellenti da un punto di vista metodologico, gli studi clinici da loro effettuati hanno molti difetti, in particolare la scarsa potenza statistica per la bassa numerosità del campione e la breve durata dell’intervento dietetico (solo tre mesi). Questi limiti metodologici non permettono di escludere il potenziale effetto negativo del regime dietetico proposto da Longo sul comportamento alimentare dei pazienti, in particolare se sono normopeso.

In conclusione, allo stato attuale delle nostre conoscenze i regimi dietetici “estremi”, come la dieta mima digiuno, per la loro assenza di benefici non ancora dimostrati su outcome clinici importanti, come le malattie cardiovascolari e neoplastiche e l’aspettativa di vita, e i potenziali rischi sul comportamento alimentare, dovrebbero essere valutati esclusivamente in setting di ricerca e raccomandanti ai pazienti “solo” quando i loro effetti benefici e l’assenza di rischi saranno stati dimostrati da rigorosi studi randomizzati e controllati di lunga durata eseguiti su un ampio numero di partecipanti.

 

Bibliografia

  1. Longo, V., La dieta della longevità. 2016, Milano: Vallardi.
  2. Brandhorst, S., et al., A Periodic Diet that Mimics Fasting Promotes Multi-System Regeneration, Enhanced Cognitive Performance, and Healthspan.Cell Metab, 2015. 22(1): p. 86-99.
  3. Wei, M., et al., Fasting-mimicking diet and markers/risk factors for aging, diabetes, cancer, and cardiovascular disease.Sci Transl Med, 2017. 9(377).
  4. Zunker, C., et al., Ecological momentary assessment of bulimia nervosa: does dietary restriction predict binge eating?Behaviour Research and Therapy, 2011. 49(10): p. 714-7.
  5. Herman, C.P. and J. Polivy, Restrained eating, in Obesity, A.J. Stunkard Editor. 1980, W B. Saunders: Philadelphia. p. 208-225.
  6. Nisbett, R.E., Hunger, obesity, and the ventromedial hypothalamus.Psychol Rev, 1972. 79(6): p. 433-53.
  7. Hagan, K.E., K.T. Forbush, and P.Y. Chen, Is Dietary Restraint a Unitary or Multi-Faceted Construct?Psychol Assess, 2016.
  8. Lowe, M.R., et al., Dieting and restrained eating as prospective predictors of weight gain.Front Psychol, 2013. 4: p. 577.
  9. Schaumberg, K. and D. Anderson, Dietary restraint and weight loss as risk factors for eating pathology.Eat Behav, 2016. 23: p. 97-103.
  10. Fairburn, C.G., Cognitive behavior therapy and eating disorders. 2008, New York: Guilford Press.
  11. Stice, E., Interactive and Mediational Etiologic Models of Eating Disorder Onset: Evidence from Prospective Studies.Annu Rev Clin Psychol, 2016. 12: p. 359-81.