Predittori e moderatori della risposta alla terapia cognitivo comportamentale migliorata e alla psicoterapia interpersonale per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione

Massimiliano Sartirana, Simona Calugi, Riccardo Dalle Grave

Fonte: Cooper Z, Allen E, Bailey-Straebler S, Basden S, Murphy R, O’Connor ME, Fairburn CG. (2016) Predictors and moderators of response to enhanced cognitive behaviour therapy and interpersonal psychotherapy for the treatment of eating disorders. Behaviour Research and Therapy 10.1016/j.brat.2016.07.002

 

La conoscenza dei predittori di esito dei trattamenti e dei fattori che moderano gli effetti di un trattamento sull’esito, cioè le variabili che specificano per chi e sotto quali condizioni il trattamento funziona, potrebbe migliorare la precisione dell’intervento clinico e quindi la sua individualizzazione. Purtroppo, le ricerche che hanno studiato questi fattori sono poche e con risultati inconsistenti.

Di seguito riportiamo la sintesi di uno studio recentemente accettato e di imminente pubblicazione sulla rivista Behaviour Research and Therapy che si è posto come obiettivo quello di identificare i predittori e i moderatori dell’esito del trattamento in pazienti adulti non sottopeso con disturbo dell’alimentazione che hanno preso parte a un trial randomizzato ontrollato che ha confrontato la terapia cognitivo comportamentale migliorata per i disturbi dell’alimentazione (CBT-E) con la psicoterapia interpersonale (IPT) (Fairburn et al., 2015).

La variabile di esito utilizzata è stata la gravità della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione, a 60 settimane di follow-up, misurata con il punteggio globale dell’intervista Eating Disorder Examination (EDE).

Le variabili esaminate come predittori e poi come moderatori del trattamento sono state le seguenti: età, caratteristiche basali del disturbo dell’alimentazione (indice di massa corporea basale, indice di massa corporea minimo raggiunto in età adulta, durata del disturbo dell’alimentazione, storia di anoressia nervosa, diagnosi DSM-IV, episodi bulimici oggettivi, vomito auto-indotto, preoccupazioni per la forma del corpo (sottoscala dell’EDE), preoccupazioni per il peso (sottoscala dell’EDE)) e la psicopatologia generale associata (presenza di un disturbo psichiatrico di Asse I, depressione – misurata con il Beck Depression Inventory, uso di farmaci antidepressivi, autostima e funzionamento psicosociale).

 

Predittori di esito

I predittori della gravità della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione a 60 settimane di follow-up, individuati nello studio, sono due : 1) la durata del disturbo dell’alimentazione (pazienti con un disturbo di durata uguale o superiore a 8 anni presentavano, al follow-up, una psicopatologia più grave rispetto a coloro con un disturbo di durata inferiore); 2) preoccupazioni per la forma del corpo (punteggi basali alla sottoscala dell’EDE di 5 o 6 rispetto a quelli inferiori a 5 erano associati a maggiore gravità della psicopatologia al follow-up).

 

Moderatori di esito

L’unica variabile individuata come moderatore di trattamento è l’autostima. I pazienti con livelli più bassi di autostima (punteggio minore o uguale a 13 nel Rosenberg Self-Esteem) riportavano punteggi più bassi nella psicopatologia al follow-up se trattati con la CBT-E, ma non se trattati con la IPT.

 

Conclusioni

Gli autori concludono lo studio evidenziando quattro implicazioni cliniche. La prima riguarda l’importanza di garantire precocemente un trattamento specialistico per il disturbo dell’alimentazione visto che la sua durata sembra influenzare l’esito del trattamento. La seconda è la necessità di migliorare le strategie per affrontare le preoccupazioni per la forma del corpo. La terza è la conferma della prospettiva transdiagnostica della classificazione e del trattamento dei pazienti con disturbo dell’alimentazione non sottopeso, dal momento che la diagnosi DSM non influenza l’esito dei trattamenti. La quarta fa riferimento all’analisi dei moderatori e sottolinea la difficoltà, con soltanto un’eccezione, di identificare quali tipologie di pazienti possano beneficiare di un trattamento piuttosto che di un altro.

Lo studio conferma e migliora la conoscenza nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, ma le conclusioni degli autori vanno utilizzate con cautela per la presenza di alcuni limiti metodologici Il primo riguarda la trasformazione da continue a categoriali di tutte le variabili che rappresentano i potenziali predittori e moderatori di trattamento. Questo, se dal punto di vista statistico è giustificato dal non voler fare assunzioni di linearità, dal punto di vista clinico risulta di difficile interpretazione, perché i cut-off proposti dagli autori, non essendo giustificati né clinicamente né statisticamente, appaiono arbitrari. Un secondo limite sta nella scelta dei predittori e dei moderatori. Non è chiaro perché siano state incluse alcune variabili, ma non altre, come l’uso improprio di lassativi, l’esercizio fisico eccessivo e compulsivo, o le altre sottoscale dell’EDE, oppure perché sia stata inclusa la Social Adjustment Scale per valutare il funzionamento psicosociale, non utilizzata nell’articolo originale, e non il Clinical Impairment Assessment usato invece in quell’articolo per valutare il grado di danno psicosociale associato al disturbo dell’alimentazione.

Lo studio sottolinea la difficoltà di identificare moderatori attendibili di risposta ai trattamenti psicologici che, secondo le raccomandazioni di Kraemer e colleghi (2002), si possono esplorare solo utilizzando dei trial randomizzati e controllati.  I risultati preliminari dello studio, sebbene vadano presi con cautela, suggeriscono comunque l’importanza di offrire trattamenti efficaci e specialistici precocemente ai pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione e la necessità di migliorare le strategie e le procedure attualmente disponibili per affrontare la preoccupazione per la forma del corpo.

 

Bibliografia

Fairburn, C. G., Bailey-Straebler, S., Basden, S., Doll, H. A., Jones, R., Murphy, R., … Cooper, Z. (2015). A transdiagnostic comparison of enhanced cognitive behaviour therapy (CBT-E) and interpersonal psychotherapy in the treatment of eating disorders. Behaviour Research and Therapy, 70, 64–71. doi:10.1016/j.brat.2015.04.010

Kraemer, H. C., Wilson, G. T., Fairburn, C. G., & Agras, W. S. (2002). Mediators and Moderators of Treatment Effects in Randomized Clinical Trials. Archives of General Psychiatry, 59(10), 877. doi:10.1001/archpsyc.59.10.877